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1. L'uomo della frutta

2 gennaio 2009
In tutto questo tempo non ho ancora mai parlato dell’uomo della frutta.

Una donna occidentale che abita da sola, oltre a rappresentare un’attrazione misteriosa e una sfida intrigante per quanto riguarda la sua vita privata – e la possibilità di inserirvisi a vario titolo – è anche una fonte di interesse commerciale.

In una delle tante misteriose scampanellate ricevute alle ore più bizzarre, una volte mi sono ritrovata davanti alla porta l’uomo della frutta. Ha un botteghino giusto dietro l’angolo della mia strada e conosce i miei bauab (sicuramente sono stati loro a spedirmelo…).

Nonostante le mie prime esitazioni, questi egiziani sanno lusingare e a loro modo conquistarti. Per sapendo che mi sarebbe stato riservato un prezzo maggiorato di almeno il doppio (comunque poco per i nostri standard), mi sono fatta convincere dalla comodità di avere recapitate frutta e verdura fresca direttamente a casa quando più ne avessi voglia.

Ovviamente non potevo immaginare che questo volesse dire scampanellate quotidiane, in quell’orario in cui esausta dal lavoro e dal frastuono, dopo la doccia, ho solo voglia di raccogliermi in casa con me stessa, i miei libri e le mie coperte, e non parlare con nessuno, tantomeno gesticolare in arabo! (Quell’orario per me inizia alle 19.30-20.00, quando torno dalla palestra…ma le scampanellate potevano giungere anche dopo le 21.30 e passa…Infine ho imparato a ignorarle).

L’omino mi si presenta con un cestone pieno di frutta e verdura che basta per una famiglia per una settimana. Prima che io riesca a dire qualcosa, si fionda dentro casa e appoggia il cestone (non proprio pulito) sul tavolo in salotto e comincia a tirare fuori tutto… A poco serve indicare con precisione quali pezzi si desiderano, perché – pena l’esaurimento per stare a contrattare tre ore – sarai comunque costretta a comprarne molti di più di quelli che ti servono.

Questo è quello che è successo le prime due volte, perché a lui non mi andava di trattarlo male, in fin dei conti mi pareva un uomo per bene. Alla terza però sono diventata molto più irremovibile. Il fatto purtroppo è che per averla vinta non è sufficiente ripetere fermamente…ma si deve arrivare a urlare, altrimenti non la capiscono!

Addirittura una volta, nell’intento di mostrarmi il succulento interno di un frutto, senza chiedere niente si è intrufolato nella mia cucina (in cucina!), e con le mani nere ha cominciato a toccare dappertutto per cercare un coltello…cassetti, ripiano, e ha pure preso un piatto… Io ho avuto giusto il tempo di precipitarmigli dietro urlando di non toccare nulla e di uscire subito di lì! 

Ho capito perché loro urlano tutto il tempo. La gentilezza non paga, e specialmente da parte di una donna occidentale. Se li si tratta in maniera educata e gentile non otterrai mai ciò che vuoi: ti raggireranno come vogliono e finirai calpestata. E infatti ho dovuto neutralizzare, anzi, indurire la mia espressione, eliminare completamente il sorriso, parlare in modo secco, e troncare la conversazione urlando. Dopo un anno qui, non sorrido praticamente più quando parlo con le persone. Solo che per me questo è altamente snaturante, e soprattutto stancante; è faticoso non sorridere ed essere autoritaria, non ci sono abituata!

Ricordo sempre quando, appena arrivata, sono rimasta del tutto stupita dal fare di Sara, che avevo trovato aggressivo e autoritario… “Colonialista” e poco rispettoso, avevo pensato. Null’affatto. Il più delle volte si è dimostrato essere l’unico modo. 

2. Proposte quotidiane

I taxisti ti sbirciano dallo specchietto retrovisore.

La prima cosa che cercano di avvistare è l’anulare della mano sinistra, per vedere se c’è la fede. Io nascondo le mani, oppure giro verso il basso il mio grosso anello con la pietra nera, così da restare con solo una fascia d’argento. Tanto, qui la maggior parte delle fedi sono di argento.  
Poi cercano di guardarti le gambe.

- Sei sposata?
Sì; no; dipende da come mi gira, da quanto mi sento vulnerabile o da quanto me ne frego quel giorno, e da quanto ho voglia di inventare e giustificare, o di assumermi il mio status di donna "matura" single (il fatto di non essere sposata alla mia età - 29 anni - desta loro seri interrogativi!).

Se è sì
- E dov’è tuo marito?

- Mio marito lavora qui, l’ho seguito/

- Mio marito non c’è, è in Italia.
- In Italia?? E ti lascia venire qui da sola? No good!
- Ma è solo per poco, sto qui per qualche mese.
- E vivi da sola?

- Sì, vivo da sola (sguardi spersi e di disapprovazione. Alcuni dopo questa risposta si tacciono. Altri la prendono come un’incentivo in più a provarci)/

- No, vivo con una mia amica 
      - Aahh...

- E hai figli?
Sì; no; a seconda di come mi sento.

- Sì, ho due figli piccoli.
- Amdullilah. È bello avere figli! Bene bene! /

- No, non ho figli.
- E perché? Non ti piacciono i bambini?
- Sì, certo che mi piacciono, ne avremo presto (mentre penso, sì, certo, mi trovi te uno straccio di uomo che voglia fare figli prima che io abbia 40 anni?)

Se è no (non sono sposata)
- E perché?
- Ma sono fidanzata, ci sposeremo presto.
- E non ti piacciono gli uomini egiziani? Ci sono tanti uomini egiziani sposati con donne italiane sai? [ed effettivamente è vero! E ammetto che in generale gli uomini egiziani oltre ad essere belli, hanno il loro fascino]. Egitto e Italia vanno bene assieme! [mentre avvicina gli indici delle mani e mi fa l’occhiolino dallo specchietto, con un ghigno sdentato].

L’ordine delle domande è un po’ variabile. Possono iniziare coi figli per arrivare solo dopo al matrimonio e all’uomo. Poi tastano il terreno sulla tua morigeratezza.

9. Una seduzione privata

Sabato 28 agosto 2008

L’altro giorno in metro sedevano accanto a me due giovani ragazze, una delle quali completamente velata, in niquab. Entrambe guardavano gli appunti dell’università sul quaderno della ragazza coperta. Come facevamo anche noi a scuola, questa aveva disegnato a penna al lato della pagina dei busti femminili; a differenza di noi, in questo caso si trattava di busti velati: due schizzi di donna in niquab il cui fulcro erano due occhi marcatissimi, intensi, ammalianti, dalle ciglia lunghe e i contorni di kajal.

Credo le donne col niquab si dividano in due gruppi.

Da un lato le donne (spesso di mezza età) dagli abiti sdruciti e trasandati per cui il nascondersi è un atto di silenzio, una rinuncia alla personalità in cambio della possibilità di uscire dalle mura domestiche. Alcune di queste donne sembrano esprimere sulle loro figlie le loro vanità represse. Non è raro vedere donne velate, anche completamente (intendo, con anche gli occhi coperti), con bambine estremamente curate e femminili, persino con mini-gonne o la pancia scoperta. L’altro giorno ho visto una donna, integralmente coperta, con una bimba di massimo un anno e mezzo. A parte gli orecchini, che tutte le bambine appena nate già hanno, aveva una collana e anelli in entrambe le mani, tutto dorato.

Dall’altro lato – e si nota soprattutto nelle ragazze giovani – il nascondersi diventa un gioco alla seduzione, una seduzione di cui forse hanno paura, perché demonizzata. Sicuramente è un modo per gestire una sensualità che la loro cultura non gli dà modo, spazio e codici per esprimere. E quindi reinterpretano la seduzione tramite il codice della sua negazione: il coprirsi. Colgo in quei disegni e nell’intensità ammaliante di quegli sguardi un atto affermativo forte riguardo a questa scelta di coprirsi (per tanti lati scelta indotta, ok...ma questo è un altro discorso). È un gioco ad un’affermazione per negazione.

Alcuna di queste ragazze hanno i tradizionali abiti neri, abayatagliati finemente sui fianchi, che lasciano intuire – certo non vedere – le forme del corpo. Gli abiti sono decorati da ricami argentei o paiettes che seguono le linee principali del corpo; se le mani non sono coperte da guanti sottili, spesso il dito medio è decorato da un cordoncino attaccato alle maniche del vestito, che ne assicura la lunghezza. Gli occhi e le sopracciglia sono spesso sorprendentemente curati e truccati.

Che cosa c’è sotto?

Mi hanno ripetuto spesso che in Arabia Saudita, nonostante non sia imposto dalla legge, la maggior parte delle donne indossa il niquab. Mi hanno anche raccontato di come le si veda arrivare dall’estetista e scoprire da sotto quei veli, corpi e visi curati nei minimi dettagli. Anche gli abiti che portano sotto sono femminili e sexy. Qualche volta assisto a rituali simili in palestra.

Mi rendo conto di come, ancora più forte delle implicazioni e ragioni sociali del velo, sia la sua dimensione intima. Io comincio a capire e sentire questo fascino nel rapporto con l’uomo, col proprio uomo. Un gioco di sensualità e possessività carnale molto forti emanano da questo "implicito" riservarsi solo per il proprio uomo (implicito perché la funzione primaria e condivisa del velo è invece un'altra).

Noi occidentali siamo abituate a vedere solo il lato sottrattivo del velo: sottrazione della libertà, del corpo, della bellezza dei capelli; ma in realtà non percepiamo e non sappiamo nulla del riflesso interiore e intimo di questo artificio, che è come un’espansione, una propagazione interiore della femminilità, profonda e ancestrale (una sensazione che riesco a ricostruire solo pensando al contatto con la mia nonna di giù).

L’uomo arabo, da parte sua, sia sente sia trasmette questa “cosa”, e devo ammettere che mi piace e che mi fa sentire in qualche modo valorizzata. Oddio, non posso davvero immaginarmi dire questo ma è così - pur consapevole di tutti i meccanismi sociologici ecc. ecc...sento questa cosa! Con lui sento così. Anche se non metto il velo - perché non posso, non voglio e nessuno se lo aspetta, sarei ridicola - ho capito che fa parte anche di un gioco a due.

E comunque. Mai nessuno prima di lui è stato capace di farmi sentire così serenamente fragile. C'è una forza, una sicurezza e una naturalezza nel suo prendersi cura di me che gli altri non hanno, non così. Come se la maggior parte dei ragazzi occidentali abbia perso la capacità e il piacere di proteggere una donna.

[Si vedano anche i post Il velo: decenza o intrigo?, Matrimonio pre-romantico e oltre, Donne e bambini e Incipit]

5. Se è l'uomo a far le spese della tradizione

Giovedì 14 agosto 2008

Oggi il mio collega Khaled si è confidato con me dicendomi che sua moglie non ce la fa più a stare al Cairo e vuole tornare ad Alessandria, di cui entrambi sono originari. 

Sono quattro anni che lui è al Cairo perché con UN ha un ottimo lavoro, e non lo può lasciare perché all’università prenderebbe un decimo di quello che prende ora.

Lei semplicemente ha detto che qui non respira, non riesce ad integrarsi e si sente sola. Lui ha cercato di presentarle persone, di spingerla ad uscire e fare varie attività, a lavorare. Ma niente. Lei non ha nemmeno provato. Semplicemente l’ha messo davanti a una scelta.

“Tre ore di treno tutti i giorni, all’andata e al ritorno. Dovrò svegliarmi alle cinque tutti i giorni e sarò a casa alle 10 di sera. Non avrò nemmeno voglia di mangiare, mi trasformerò in un ombra. E lei sarà da sola ugualmente, perché io di fatto non ci sarò per tutto il giorno, tornerò a casa e sarò morto. Fino a che non esploderò. Ma voglio spingermi fino al mio limite più estremo”.

“Ma come può farti questo Khaled?”. Come può una donna fare questo alla persona che ama? Come possono esistere donne così, che non si sforzano, che non riescono ad affrontare i problemi, che si adagiano e pensano che tutto sia loro dovuto? E uomini come Khaled che si sacrificano a questo punto, annullandosi. 

“Come puoi accettare una cosa simile?” - “Non ho scelta. Amo la mia famiglia. Lo sai come sono le donne egiziane. Spoiled. Non sono ‘fighters’. Non si sforzano. Sono abituate a lasciare ogni responsabilità al marito. Tutto ciò che si svolge fuori dalla casa, è lasciato al marito. Lei non ne vuole sapere nulla. Persino gli scontrini di quello che compra mi dà, perché qualsiasi problema ci sia non ne vuole sapere nulla. Queste donne non sono state cresciute per sapersi prendere delle responsabilità. Lo so, fa parte della nostra cultura, ma queste sono le conseguenze”.

L’ingresso ai luoghi della socialità deve essere completamente controllato dall’uomo. Questo è quello su cui si fonda la società islamica.

Ora ai giorni nostri, quando tradizione e progresso ancora stanno cercando il loro equilibrio, e le vecchie e le nuove abitudini convivono non senza contrasti, queste sono le contraddizioni che ricadono su persone progressiste e di buon cuore come Khaled. La donna in questo caso attinge a suo piacere, e a seconda della convenienza, sia dalla tradizione “segregatrice” (per quanto riguarda le beghe quotidiane) che dalle “moderne” possibilità di emancipazione.   

4. Matrimonio pre-romantico e oltre

Mercoledì 13 agosto 2008

Nelle società tradizionali o arcaiche, il rapporto uomo-donna si basa più sul ruolo sociale che sull’amore per l’individuo. Nella società musulmana tradizionale in particolare, il rapporto uomo-donna e il matrimonio di fatto coincidono, non dandosi possibilità di interazione tra uomo e donna al di là di relazioni e ruoli familiari.

Per quanto riguarda le classi più basse quindi, qui le persone cercano una buona moglie o un bravo marito piuttosto che un compagno di vita con cui capirsi profondamente e da amare. La coppia è quella tradizionale basata sulla reciproca sussistenza.

Dato questo aspetto funzionale, è logico che il ruolo della seduzione è del tutto secondario nelle fasce sociali più povere. Le donne, da brave madri e mogli, non curano più di tanto il loro aspetto, e non credo dipenda solo dalla povertà. Vi è infatti una sciatteria in alcune donne (veli strappati e non ricuciti, o esageratamente sporchi) che non c’entra necessariamente con l’essere poveri.

Anche da noi era così in una certa misura, sia per i matrimoni “funzionali”, sia per la mancanza di seduzione. Ma quello che cambia qui, è forse la posizione dell’uomo rispetto a questo.

Da noi l’apprezzamento degli uomini per le belle donne è sempre stato affermato e rivendicato, senza particolari sensi di colpa e nonostante i tabù cattolici che pur permanevano e il senso di "peccato" da questi generato. A parte nel medioevo, la seduzione femminile non è stata più associata fortemente a qualcosa di pericoloso e diabolico.

Qui invece, la donna, soprattutto se bella, è vista come un pericolo da rifuggire perché allontana da Dio [si veda ad esempio il post In moschea]. E quindi, se la propria moglie è brutta o bella, pare valere poco. Almeno in teoria. 
Nella pratica rinnegare l’attrazione fisica vuol dire creare una frustrazione di fondo nella società che ha mille ripercussioni – una delle quali è rendere la vita impossibile alle ragazze giovani che camminano da sole per strada…

Parlando invece di sessoDi fatto la classe bassa soffre di una repressione sessuale maschile fortissima, che crea tra gli uomini non sposati fenomeni come il sesso con animali e tra uomini, oltre alla già citata altissima frustrazione, nota anticamera di tensioni sociale. Per quanto riguarda invece le donne, oggi ho scoperto che circa il 90% delle egiziane ha subìto una mutilazione genitale di qualche tipoe che nella maggior parte dei casi questa pratica ancestrale (originaria del corno d’Africa e che non ha nulla a che veder con l’Islam) è promossa proprio dalle stesse donne, che ne hanno introiettato il valore.

Nonostante tutto questo, ed escludendo gli strati più umili e meno istruiti della popolazione come quelli descritti sopra 
 (che costituiscono direi più del 90% della popolazione), parlando con le persone, osservando e per mia esperienza diretta, resto con la sensazione che qui - negli strati medio-alti e là dove il rapporto uomo-donna funzioni - il sesso abbia caratteristiche più genuine e naturali che da noi (non saprei motivare di più, non ho abbastanza elementi a parte la mia esperienza e cerchia ristretta di conoscenze). Molti uomini occidentali mi sa che son cresciuti con troppi film porno.

Prima di tutto il fattore religioso inquadra il sesso nella prospettiva della procreazione, che è il modo in cui il buon credente partecipa al progetto divino. In secondo luogo, procreazione o meno, l'islam non è impregnato di quell’idea di peccato tipica cristiana, che inconsciamente ricopre l’atto sessuale di un carattere provocatorio e trasgressivo. Non è da tralasciare che Maometto è il primo ad affrontare l'argomento sessuale in maniera naturale (spiegando addirittura come soddisfare una donna degnamente)! Il potere dirompente e disturbante dell'attrazione per la donna è da loro demonizzano, è vero, ma non per questo si trasforma nel concetto di peccato sessuale così come si è radicato nella società occidentale.

Restano osservazioni da approfondire, ma per queste ragioni mi pare abbiano una maniera in un certo senso più naturale di intendere o vivere il sesso, ovviamente all’interno del matrimonio - (cosa che comunque non ha nulla a che vedere col grado di soddisfazione finale della coppia...).

[Si veda anche Coppie egiziane e, per un altro punto di vista sulla seduzione, Il gusto di una seduzione privata]

2. Scomparire, ma senza il velo

Sabato 2 agosto 2008

Simmel, uno dei miei sociologi preferiti, diceva che si comincia ad esistere agli occhi dell’altro solo quando guardiamo; ovvero, esistiamo non quando e non solo se lo sguardo altrui ci raggiunge (quando cioè siamo visibili, visti, guardati), ma quando lo sguardo altrui è ricambiato e validato dal nostro, nella reciprocità.

In verità lui dice che “The eye cannot take unless at the same time it gives...In the same act in which the observer seeks to know the observed, he surrenders himself to be understood by the observed”, ovvero non si può guardare senza non essere visti; o, per la reciprocità, non si è visti che nel momento in cui si guarda, si ricambia lo sguardo.

Io sono una persona aperta, che guarda tutto, che gira la testa, che guarda le facce di chi mi sta intorno. Se sono circondata da uomini, certo mi viene da esplorarne il viso. Nulla di più inappropriato qui, perché è un gesto che trasmette automaticamente disponibilità

Lo sguardo di un uomo non si ricambia, non si deve incrociare.

Quando cammino per la strada, e mi sento tutti gli occhi addosso, devo cercare di resistere alla tentazione di guardare. Per me è molto difficile perciò camminare a testa bassa, guardando in terra. Mi sento di implodere, di annullare la mia esistenza. Di scomparire.

Scomparire, questo è quello che queste donne vogliono. Annullare la loro presenza sociale, nascondendosi dentro vestiti a sacco e a un enorme velo nero, integrale, che a volte copre persino gli occhi. Quanto darei per averne uno e annullarmi…

Ma io non posso. Qui il velo non è obbligatorio e loro sanno benissimo che non fa parte della nostra cultura, e non ci giudicano per questo. E allora che penserebbero di una donna occidentale che se lo mette? Sarebbe una cosa senza senso alcuno, quasi un’offesa, equivalente a dire loro che non sono abbastanza civilizzati da accettare le differenze culturali. Una donna occidentale al Cairo col velo è semplicemente ridicola. Alcune turiste lo fanno, e tutti convengono sul fatto che sono ridicole.

E allora ho trovato anche io un modo per non dover camminare a testa bassa, cosa a cui non sono abituata e che mi umilia; per guardare ma non essere vista mentre guardo. Gli occhiali da sole!

Con quelli riesco a camminare a testa alta senza sembrare sfacciata. Riesco a vedere gli occhi di chi mi guarda, senza in realtà validare il loro sguardo, che resta perciò sospeso nel vuoto, e non brilla di quel disgustoso e insolente fremito di desiderio quando si accorge di incrociare il mio.

***


Lunedì 04 Agosto 2008

Ho comprato una gonna lunga nera, doppio strato. Un po’ bombata tanto per non sembrare una scopa. Di quelle che si sono viste solo nella foto in bianco e nero della tua bisnonna.

Non mi è mai piaciuto come mi stanno le gonne lunghe e non le ho mai portate, ma qui lentamente mi sto adattando a forza di vederle in giro. E poi mi permettono di sentirmi un po’ femminile, non ne posso più di pantaloni lunghi e maglie lunghe che coprono il culo…

Non riesco più a sentire il mio corpo, ad accettarne la sensualità. Ne ho bisogno, mi manca, mi sento mutilata, ma non posso darle voce, devo solo occuparmi a scomparire. 

Ahmed è l'unico momento di respiro in cui possa ricordarmi di essere donna. Ed è così, nel privato, che le donne arabe riservano la loro femminilità solo per i loro uomini.

11. Il velo: decenza o intrigo?

Mercoledì 30 luglio

Primo classificato in molestie sessuali

Questa sera sono andata a cena con Nada e due sue amiche al Sequoia, un locale abbastanza in vista proprio sulla punta meridionale dell’isola di Zamalek.

May, l’amica di Nada, è egiziana, ha 45 anni, è cresciuta nel Regno Unito e ora lavora in una ONG. Abbiamo parlato a lungo di cosa vuol dire vivere da donna al Cairo, e mi ha spiegato come al momento l’Egitto non abbia eguali nel mondo arabo in materia di sexual harrassment.

Comparati con l’Egitto infatti: il Maghreb è molto più libero sessualmente e vi è quindi meno frustrazione; nel Golfo - fermo restando l’adeguarsi alle loro regole - sono più abituati a trattare con gli stranieri per scopi commerciali e ne interpretano meglio i comportamenti. Come ha detto May, “capiscono, ad esempio, che essere non-vergini non coincide con la disponibilità immediata, né col poter/voler far sesso con qualunque uomo: insomma sanno che anche le donne amano scegliere con chi avere una storia, indipendentemente da se sono vergini o no!", (e ancora mi torna in mente la scena di Persepolis, dove la nonna racconta come gli uomini si relazionino alle donne divorziate)! Infine, in Libano e Syria sono più conservatori, ma lo stesso non succede come qua.

Questa triste primato egiziano è legato alla progressiva crescita della fascia di popolazione maschile “frustrata”, e questo dipende da varie dinamiche sociali:

- Il miglioramento delle condizioni di vita assieme alla sopravvivenza di modelli familiari di tipo tradizionale continuano ad alimentare il boom demografico, facendo sì che i giovani costituiscano più della metà della popolazione.

- L’età del matrimonio si è progressivamente spostata in avanti, un po’ perché più giovani hanno accesso agli studi, un po’ perché col recente peggiorare della situazione economica ci vuole sempre più tempo per mettere da parte i soldi necessari a sposarsi. Va da sé che per chi fa parte della classe medio-bassa ci sono ben poche possibilità di entrare in contatto con una donna al di fuori del matrimonio. L’amico di Sara che mi ha aiutato a trovare casa ha 31 anni, e mi ha detto che è vergine, e io a vederlo ci credo.

Il velo integrale: decenza o intrigo?

Il problema ha assunto una portata importante ed è già elemento di dibattito in alcune arene politiche (questo mi solleva, perché vuol dire che non sono io a esagerare e a non saperlo gestire!). Inoltre, lungi dal riguardare solo le donne straniere, colpisce sempre di più anche le donne egiziane velate, e persino quelle col niquab, ovvero coperte completamente.

A proposito di questo, il nostro security officer, Amir, ci ha raccontato un aneddoto molto eloquente. Un uomo – portato alla polizia per aver molestato una donna coperta – avrebbe detto: “era tutta coperta…chissà cosa c’è sotto!”. Una tale affermazione è interessante, in quanto disconosce di fatto il sistema di valori della cultura islamica!

Il ruolo e l’effetto del coprirsi o del nascondersi è molto diverso tra mondo occidentale e orientale.

"Hot!"
Il commento di un mio amico (italiano) quando ho pubblicato su facebook questo primo piano di tre donne, in cui si scorgono solo gli occhi sotto i niquab, è stato:hot!”. In una società come la nostra dove tutte le frontiere del corpo sono state socialmente abbattute e tutto è posto alla portata di tutti, se pure l’occhio dell’uomo occidentale è abituato a cercare la carne nuda, apparentemente non rimane indifferente al suo contrario e resta intrigato da ciò che è troppo nascosto: ciò che non si vede resta uno stimolo per la curiosità.

Nella società araba tradizionale invece il coprirsi non è una scelta bensì una condizione imprescindibile per la donna, e a differenza della società occidentale, non vi corrisponde alternativa. Anche il concetto di pudore di conseguenza è diverso. In occidente il pudore si oppone alla volgarità, mentre qui resta un concetto molto più neutro, che corrisponde piuttosto a un’affermazione di modestia e discrezione, e non ha necessariamente a che vedere con la repressione. Non avverto in questa cultura il concetto di volgarità, o se lo vedo, è sempre derivato da un’estetica importata dall’occidente.

Le sostenitrici del velo fanno coincidere il coprirsi con l’affermazione della propria esistenza di donna al di là della dimensione sessuale: portare il velo vuol dire mostrarsi prima di tutto come donna e persona, invece di oggetto di attrazione sessuale.

Con questo non voglio né negare l’esistenza di un’ingente pressione sociale a favore del velo, esercitata sia dalle donne che dagli uomini; né il fatto che le donne a sostegno del velo abbiano semplicemente introiettano il sistema di valori dominante; né l’esistenza di una grande ipocrisia in questo ambito. 


Noto solo come in un paese dove mettere in mostra le proprie carni non ha mai fatto parte delle opzioni, la scelta di mantenersi fedeli alle proprie tradizioni e il distacco dall’estetica occidentale non è vissuta dalle donne necessariamente come una privazione, ma al contrario come un’affermazione della propria identità, di donna, e di donna araba.

Escluso quindi l’elemento di “repressione” (L'Egitto non è una società estremista) e tralasciando la mia opinione personale a riguardo, ma mettendomi nei loro panni, perché le donne arabe dovrebbero smettere di portare il velo? Siamo noi donne occidentali forse più rispettate perché non lo portiamo? 


Inoltre, lungi dal limitare l’espressività, il velo è un codice vestimentario come un altro, declinato in mille modi, anche sensuali (e qui si aprirebbe un dibattito complicatissimo sulle contaminazioni occidentali e le differenti maniere di indossare e interpretare il velo...). 


[Si veda anche il post Il gusto di una seduzione di privata]

L’uomo arabo tra oriente e occidente

Ma tornando all'uomo interrogato dalla polizia; affinché un codice, in questo caso il velo, possa generare senso, deve corrispondervi la capacità dell’uomo arabo di interpretarla: in presenza del velo l’uomo d’onore non solo rispetterà, ma proteggerà la donna che aderisca a questo sistema valoriale.

Quello che sta succedendo ora invece, nell’incontro tra culture e nel mischiarsi delle estetiche e dei codici tra oriente e occidente, è che l’uomo arabo è esposto all’estetica e ai codici occidentali; e quindi mentre i codici occidentale e orientale convivono e si sovrappongono, la reciprocità interpretativa non è più scontata e si crea uno scollamento tra il valore tradizionalmente associato a un certo tipo di comportamento (comprese le scelte di abbigliamento) e la loro interpretazione, soprattutto dallo sguardo maschile.

All’interno della stessa cultura araba si è creata una contraddizione valoriale che fa sì che l’uomo arabo vada a importunare la donna in burqua, quella che dovrebbe rispettare, quella "decent" - per dirla come loro sullo stile vestimentario più tradizionale! Questo mi sembra sintomo di una grande confusione simbolico-culturale, in cui versa l'uomo arabo attualmente, stretto tra la volontà di onorare la propria cultura e tradizioni, e l'avanzare della società dell'immagine occidentale, con la sua particolare estetica del corpo femminile.

Dall'altro lato, una donna si copre per conformarsi a certi modelli morali dettati dalla società tradizionale, ma finisce, per lo stesso fatto di coprirsi, per destare esattamente quei desideri che si proponeva di escludere! Così di fatto le donne arabe in Egitto sono private della capacità di padroneggiare i codici della loro stessa civiltà.

Il risultato di tutto ciò è che è impossibile girare per le strade del Cairo per la stizza che ti assale per gli innumerevoli rompipalle. Non che ci sia un reale rischio di essere assalite o violentate - nulla di più impossibile! E’ solo che è psicologicamente talmente profondamente umiliante, talmente la propria femminilità è schiacciata e strumentalizzata che piuttosto che tornare a casa con quella sensazione d’intrinseca sopraffazione e sporcizia, preferisco a volte rimanere in casa. Io sì vorrei potermi nascondere dentro un burqua!

Per concludere, è certo evidente che se una donna ha bisogno di coprirsi (ovvero limitare la libera espressione della naturalezza del proprio corpo) per poter essere considerata come una persona prima di un oggetto di desiderio, qualcuno nella società le sta negando la libertà…di semplicemente esistere! Ma in occidente abbiamo dimostrato di essere così tanto più brave a gestire la nostra “libertà”? E si può considerare tale quando anche questa è fondata sull’estetica ideale maschile?

8. In flagrante reato

Lunedì 28 Luglio 2008

Il caldo è soffocante e avvolgente. La mia stanza da letto è l’unica della casa con l’aria condizionata, ma è talmente vecchia e rumorosa che non riesco a tenerla accesa per più di dieci minuti. Non si può dormire col rumore di un trattore!

È quasi mezzanotte e Ahmed è ancora da me, nel letto, quando suonano alla porta. A me si ferma il cuore e comincio a farmi mille film: qualcuno può aver riferito alla padrona di casa che un ragazzo egiziano sale sempre in casa mia; che sia lei in persona? o addirittura la polizia? Sono sei mesi di carcere per sesso fuori dal matrimonio (reato di fornicazione)– per un egiziano ovviamente – e io e lui al momento siamo inequivocabili. E se invece è il camerunense, uscito di galera e tornato a vendicarsi? Che gli racconto ad Ahmed!?

Guardo lui, che a sua volta cerca una risposta in me. Tento quindi di restare calma e fare come se mi paresse normale che qualcuno mi suonasse alla porta a mezzanotte (e in effetti, dati gli usi egiziani…), mentre cerco di buttarmi addosso le prime cose – decenti - che trovo sotto mano, tremando.

Non è raro essere ammoniti o rischiare lo sfratto per questo genere di cose, e in generale non è consigliabile attirarsi la riprovazione morale della piccola comunità di vicini e portieri dai quali sei completamente dipendente per ogni evenienza tecnico-pratica. A una mia amica è recentemente stato fatto notare dalla sua padrona di casa come fare salire contemporaneamente a casa (si trattava di una cena!) tre ragazze e tre ragazzi non fosse appropriato. La signora le ha intimato di evitare che ciò si ripetesse. Questi si pensano che facciamo le orge! A un’amica di Sara invece le han mandato la polizia; non ricordo se in casa o in albergo, ma credo in casa, dato che in albergo non si può prendere una camera con un egiziano/a senza esibire il certificato di matrimonio. Lei per risolvere la cosa ha dovuto far intervenire l’ambasciata.

Fino ad ora Ahmed con la sua faccia tosta è sempre riuscito a non farsi bloccare dai portieri all’ingresso, infilandosi nel palazzo come fosse il suo. L’ultima volta però gli hanno chiesto dove stesse andando e lui ha dovuto rispondere, seppur limitandosi a dire solo “al settimo piano”. Un giorno però mentre gli stavo aprendo la porta, Milad l’ha visto entrare da me, mentre era fermo ad aspettava davanti alla porta della mia vicina per consegnargli qualcosa. Il giorno dopo Attif già lo sapeva e mi ha salutato saltellandomi intorno con quei suoi due occhi da faina, sghignazzando. Una volta la mia reputazione imbrattata non mi è rimasto che sparare mance a destra e a manca sperando che nessuno facesse la spia con la padrona e di non incappare nuovamente in situazioni tipo “Cameroun” dove l’aiuto della comunità è necessario [si vedano i due episodi de l'idraulico].

Io non ho nessuna voglia di aprire la porta e non rispondo, però in punta di piedi mi sposto dalla camera all’ingresso e ascolto, sperando che chiunque fosse se ne andasse. Suonano ancora. Ma chi cazzo è, e cosa avrà di tanto importante, è mezzanotte!? Ancora faccio finta di niente, ma mentre mi allontano per tornare in camera sento come un rumore di chiavi; tuttora non sono del tutto sicura di quello che ho udito, ma mi è parso che tentassero di infilare delle chiavi nella toppa!!

È mezzanotte, ci sono più di 38° con un’umidità soffocante, ho la pressione bassissima e sono in uno stato onirico-confusionale. Ho perso completamente il senno. Intanto mi immagino la scenda di Ahmed nudo nel letto còlto in flagrante reato.

“Min?” (“chi è?”), faccio avvicinandomi allo spioncino, obbligata a reagire. Vedo due persone. Sento una voce di donna abbozzare una risposta incerta, e l’uomo accanto a lei bisbigliare qualcosa. Poi, in inglese: “I am the daughter in law of Mrs Agaya, I am here for the rent of July”.

Io non ci credo. Dimmi che non è vero, non può essere vero. Sono tornata dall’Italia con dieci giorni di ritardo per un imprevisto di salute e non ho potuto pagare l’affitto in tempo. Appena tornata ho tentato per quattro giorni di seguito di mettermi in contatto con la padrona di casa e il telefono ha sempre squillato a vuoto. Sicuramente non vedendomi tornare alla data stabilita hanno pensato che fossi scappata per non pagare l’affitto!

Ho aperto la porta e ho pagato, dato che avevo già preparato la busta. Ma non avrei dovuto! Avrei dovuto invece urlargli contro che “è questo forse un orario cristiano [tra l’altro sono cristiani copti] per presentarsi a casa della gente? Che io la mattina mi sveglio presto, e che se vogliono l’affitto che mi chiamassero prima per mettersi d’accordo!”, e sbattergli la porta in faccia.

Invece gli ho gentilmente spiegato che se non avevo aperto era perché dopo una certa ora, se non aspetto nessuno, per sicurezza non apro più, e che per giunta la mattina lavoro e mi sveglio molto presto, e che a mezzanotte io normalmente sto già dormendo da più di un’ora, e che perciò mi avevano svegliato. Li ho fatti sentire un po’ meschini (ma avrei potuto farlo di più data la mia esasperazione per le scampanellate notturne) e loro mi hanno chiesto scusa, un po’ imbarazzati, dicendo che normalmente loro passano anche più tardi a casa della gente!

7. Ritorno al Cairo

Lunedì 21 luglio 2008

Torno al Cairo. In aeroporto, è come se mi svegliassi da un sogno lungo 25 giorni.

Ora guardo il Cairo come ho sempre guardato le mie nuove vite: buttandomi indietro la vita di prima, volendo vivere intensamente.

Sarà stata la stanchezza accumulata a Bruxelles, le troppe persone conosciute tutte assieme, lo shock provocatomi da lui una settimana prima di partire per l’Egitto, ma finora, qui, non sono riuscita davvero a staccarmi dalla mia vita precedente.

Ora ho un entusiasmo nuovo, una sicurezza differente. E non me ne frega se gli uomini mi guardano per la strada.

Venerdì 25 luglio 2008

Sogno:

E' notte, dormo e sento dei rumori, vicini, ma non capisco da dove vengano. E’ come se qualcuno si muovesse nella stanza, ma nell’aria pesante delle notti cairote tutto è ottuso e umido, e io diffido dei miei sensi.

L’armadio cigola, e io mi sento accarezzare un braccio. Forse sogno.

Mi giro, e nella penombra vedo il cuscino bianco cadermi per terra. Mi affaccio ai piedi del letto per raccoglierlo, ma non c’è più. Ma com'è possibile, eppur ora son desta!

Sporgo la testa sotto al letto e vedo la sagoma del gatto bianco del vicino che si allontana.

8. In moschea

Dopo un giro a Kan Al Khalili, io e Grazia siamo etrate in una moschea bellissima, grandissima, con una corte all’aperto tutta di marmo. 

Il sole rifletteva su quel bianco lucido ed era abbagliante. Impossibile da concepire una pace così a un passo dal caos del Cairo. 

Ci siamo riparate per una mez’oretta all’ombra e nella pace. C’era qualche uomo che riposava, uno che studiava. Poi c’è stato il richiamo alla preghiera e ne è entrato qualcuno in più. 

A un certo punto un uomo è arrivato e ci ha fatto spostare. Non capivamo dove volesse che ci muovessimo...lui indicava qualche metro più in là, giusto dopo la colonna. Ci dovevamo mettere dietro una colonna, perché il gruppetto poco più in là non ci vedesse, altrimenti li avremmo distratti dalla preghiera. Dopo un po’ è ripassato, indicandomi la schiena. Non mi ero accorta che la canottiera era su, e si vedeva un pezzo di bassa schiena. Incredibile quanto mi sia sentita inadeguata e in colpa.

In generale mi sento di rispettare questo loro modo di coprirsi. Anche questo è un segno del mio adattamento e cambiamento. I primi giorni quello che sentivo era senso di inadeguatezza, vergogna, prigione, ansia. Ora, perché forse ci ho preso le misure e so quanto mi posso permettere...non mi sento più così costretta e se mi va di scoprirmi un po’ di più lo faccio. Ma a dir la verità va molto a giorni e cambia subitamente da ambiente ad ambiente, a seconda di con chi sono e come mi si guarda…

Oggi c’erano 39°C, e io sono vestita con ballerine, pantaloni neri lunghi, canottiera, maglia a mezze maniche, maglia a maniche lunghe incrociata sopra, e sempre una stola per evenienze varie. Non avrei mai pensato di ritrovarmi vestita così con 40°C. 


4. Toccata...e fuga

Lunedì 5 maggio 2008

Aspettavo Anna alla metro Opera per andare in palestra assieme. La chiamo per sapere dov’è, e gradualmente ci mettiamo tutte e due a imprecare al telefono contro di noi e contro il suo tassista che non l’aveva lasciata dalla parte giusta del parco, nonostante le indicazioni date.

Approfittando della mia distrazione, un ragazzetto passa e mi palpa la parte alta del braccio che, quel giorno, avevo lasciato inconsuetamente scoperta in un moto di indipendenza e strafottenza, indossando una maglietta...ben a mezze maniche!

- Vaffanculo, stronzo!! – la tolleranza è minima con 40 gradi e gli affronti continui e quotidiani alla tua rispettabilità.
- Cosaaa??! Oooh, stai calma! – fa Anna al telefono pensando dicessi con lei, mentre si lamentava perché le avevo annunciato che non avrei potuto attenderla, per non fare aspettare troppo Ahmed in palestra. I vaffanculo al ragazzo si sommano e si mischiano ai reciproci nostri.

[Si veda anche Di nuovo, touchée]

Lunedì 19 maggio 2008

Oggi facevo con Liliana la solita strada per andare in palestra, dalla fermata Opera alla Courniche El Nil.

A un certo punto sento una stretta di dietro. Ben stretta e profonda. Mi giro e c’è sto ragazzetto grasso (chiatto, per dirla come Liliana, in napoletano) e di massimo vent’anni che sorride e si mette a correre.

Mi ha completamente congelata e non ho avuto la prontezza di rincorrerlo, né ci sarei riuscita con le ballerine, la borsa della palestra e la mia borsa, eppure correva pure piano, grasso com’era. Gli ho gridato dietro un “fucking bastard” ma non sono riuscita a fare nulla di più. Liliana da parte sua gli ha inveito contro una serie di insulti in un arabo così fluente che ci sono rimasta di stucco; solo che poi mi ha fatto notare che si trattasse invece di napoletano stretto

Lui ha continuato a correre e poi raggiunta una certa distanza ha ricominciato a camminare. Allora io e Liliana ci siamo messe a camminare spedite nella sua direzione; lui era già lontano e irraggiungibile, ma al solo vederci reagire si è rimesso a correre a gambe levate imboccando poi le scale della metro. 

È talmente umiliante, frustrante e dispregiativo che mi sono portata dietro per alcuni giorni la sensazione di quel contatto. È un pubblico scherno e attacco al tuo intimo. Inoltre si avverte chiaramente come l’essere occidentale venga considerato come un “ingresso facilitato”.

[Si veda anche Di nuovo, touchée]

Lun 26 maggio

Percorro il solito tratto di Courniche El Nil che mi porta dalla metro Opera alla palestra. Questo tratto della Courniche è piuttosto chic, ed è tutta un cantiere. Vi sono inoltre case particolari, come per esempio quella della vedova di Sadat, sorvegliate massicciamente.

Capita perciò che in questo percorso si concentrino le due peggiori categorie di uomini, e che, per ragioni inerenti alla categoria, queste si presentino con maggiore probabilità sotto forma di gruppo: sono i muratori, e i soldati. Le mie camminate fino alla palestra sono un supplizio ad occhi bassi, tra cori, fischi e versi di tutti i tipi.

A un certo punto mi sento chiamare “mademoiselle”. Che vuoi, faccio finta di nulla e tiro dritto, occhiali da sole e sguardo basso. Mademoiselle..! La voce si avvicina, come mi rincorresse. Mi volto, e mi trovo un ragazzo sui 35, un po’ grassottello, pelato, di quelli dall’aspetto mansueto e timido.

- Mademoiselle, I just wanted to tell you that a guy there took a photo of your back with his mobile...in case you would like to prevent the police.-

Resto piacevolmente colpita e intenerita, ma col sorriso rassegnato.

- Oh, thank you, it’s really very kind of you...but you know… what could I do...
- Maybe, you should put longer shirts that cover you back.
- I thank you for your advice, but I think of wearing clothes long enough, and that my dressing is in all ways respectful of your habits; I do not want to renounce to my freedom of wearing what I want, since I consider it appropriate anyhow. I think that this is their problem, and not mine…
 
Il ragazzo parla calmo, con voce timida e quasi mortificata. Mi dice che lo fanno spesso, di fare foto (del resto mi è capitato anche ad Alessandria al mare, e durante il viaggio di ritorno da Baharia).

Poi mi racconta di come a certe turiste – di quelle che indossano abiti di sole bretelline, o che non si mettono il reggiseno – dei ragazzini gli abbiano tirato giù le bretelle.

Quando me lo dice, mi trovo però a pensare con una punta di indignazione e un inatteso moralismo che a quelle turiste gli stava proprio bene, e che se lo meritavano, razza di zoccole interculturalmente insensibili! Mi stupisco molto di questo moto e mi rendo conto di come in questi mesi, causa le sensazioni negative accumulate sul mio corpo di donna, abbia  interiorizzato alcuni limiti e adattato la mia sensibilità rispetto a ciò che è socialmente mostrabile o meno. 

Poi ci salutiamo e io entro nella barca che ospita la mia palestra.

Martedì 27 maggio 2008

Nel percorso dalla metro all’ufficio un minibus - di quelli sempre carichi e con almeno un paio di ragazzi appesi fuori dalla porta aperta – non si limita a suonarmi da dietro, ma fa finta di venirmi addosso. Sparato, mi sfiora e poi si rimette in traiettoria. E gli stronzi appesi dietro ridono. - Bastardi idioti - penso, o forse pronuncio - schiantatevi! - non ne posso più...grido di rabbia.

10. Coppie egiziane

Martedì 15 aprile 2008

Passeggiano sulle rive del loro Nilo o lungo la balaustra dei suoi ponti. Mi è capitato più volte di vedere coppie mature, come di 45, 50 anni, di classe medio-bassa (lo riconosco dall'abbigliamento), tenersi per mano per strada. 


Gli uomini hanno verso le loro donne una tenerezza e una premura particolari, un rispetto e un senso di protezione molto dolci. Lo hanno per esempio anche i miei bauab nei miei riguardi (certo, sempre che non inizio a fare salire qualche giovine...). Al di là e indipendentemente dalle mance che gli do, dimostrano un'attenzione particolare; e la stessa però che poi mi soffoca sotto forma di controllo.  


Sempre tenendo presente che si parla di una società dall’organizzazione familiare tradizionale e quindi basata sul controllo, soprattutto economico, dell'uomo sulla donna, ed escludendo le coppie dove la prevaricazione sfoci in violenza, sono sempre più convinta che che quella che noi chiamiamo sottomissione qui non ha nulla a che vedere con il concetto che abbiamo noi. La sottomissione dei latini è automaticamente violenta e carnale, e indissolubile dalla passione e dal sesso. Non so spiegarlo meglio di così. È sempre questa dimensione della sensualità, che qui manca...

[Per un punto di vista ancora  differente si veda Matrimonio pre-romantico e oltre]

Sabato 26 aprile 2008

Dr Adam e Sam sono una coppia di vecchietti sugli 80 anni. Appartengono all’élite egiziana. Sono due dottori. Lui ha lavorato per anni alla FAO, e lei faceva la pediatra. Devono essere stati entrambi molto belli.

Lui è ancora attivo e scattante, veloce di mente, colto e intelligente; premurosissimo verso la moglie che fa molta fatica a camminare e ha bisogno di essere assistita. Un uomo abituato a tenere sotto controllo la situazione, e a pensare per tutti. Musulmani, ci raccontavano come loro figlio stia imponendo alla loro nipote quasi adolescente di non mettersi il velo, nonostante le pressioni sociali a cui lei è soggetta.

Ci raccontano le storie degli anni ’60, gli incontri con gli artisti, coi politici, gli avvenimenti che hanno segnato la storia dell’ Egitto, tutto tramite esperienze dirette, loro o dei loro genitori. Ci raccontano di vecchie carte, di una dedica scritta nel giorno della nascita di Adam da non so quale personalità, e rimasta nascosta per anni nelle carte del padre, e ritrovata solo dopo la sua morte.

Ci porta a fare un giro per Heliopolis - la città del sole - un quartiere costruito negli anni ’20 dal barone belga Édouard Empain. Ci racconta la storia del locale storico dove ci fermiamo a prendere il caffè. Solo l'occhio di un europeo può riuscire qui a spogliare la decadenza e immaginare l'antica eleganza che vi sta dietro. 

Mi chiedo che ci faccio in un sabato pomeriggio al Cairo diretta verso un centro commerciale con questa coppia di ottantenni appena conosciuti. E mi sento perfettametne a mio agio.

Sento un’umanità semplice e profonda, e capisco che questa non ha età. Sento la vita e la cultura scorrere nelle parole di questa coppia di belli. E sento un’amore semplice e ancora ben vivo tra loro. Sembrano in realtà un po’ fratello e sorella, ma forse è perché sembrano un po’ la stessa persona