Sabato 2 agosto 2008
Simmel, uno dei miei sociologi preferiti, diceva che si comincia ad esistere agli occhi dell’altro solo quando guardiamo; ovvero, esistiamo non quando e non solo se lo sguardo altrui ci raggiunge (quando cioè siamo visibili, visti, guardati), ma quando lo sguardo altrui è ricambiato e validato dal nostro, nella reciprocità.
In verità lui dice che “The eye cannot take unless at the same time it gives...In the same act in which the observer seeks to know the observed, he surrenders himself to be understood by the observed”, ovvero non si può guardare senza non essere visti; o, per la reciprocità, non si è visti che nel momento in cui si guarda, si ricambia lo sguardo.
Io sono una persona aperta, che guarda tutto, che gira la testa, che guarda le facce di chi mi sta intorno. Se sono circondata da uomini, certo mi viene da esplorarne il viso. Nulla di più inappropriato qui, perché è un gesto che trasmette automaticamente disponibilità.
Lo sguardo di un uomo non si ricambia, non si deve incrociare.
Quando cammino per la strada, e mi sento tutti gli occhi addosso, devo cercare di resistere alla tentazione di guardare. Per me è molto difficile perciò camminare a testa bassa, guardando in terra. Mi sento di implodere, di annullare la mia esistenza. Di scomparire.
Scomparire, questo è quello che queste donne vogliono. Annullare la loro presenza sociale, nascondendosi dentro vestiti a sacco e a un enorme velo nero, integrale, che a volte copre persino gli occhi. Quanto darei per averne uno e annullarmi…
Ma io non posso. Qui il velo non è obbligatorio e loro sanno benissimo che non fa parte della nostra cultura, e non ci giudicano per questo. E allora che penserebbero di una donna occidentale che se lo mette? Sarebbe una cosa senza senso alcuno, quasi un’offesa, equivalente a dire loro che non sono abbastanza civilizzati da accettare le differenze culturali. Una donna occidentale al Cairo col velo è semplicemente ridicola. Alcune turiste lo fanno, e tutti convengono sul fatto che sono ridicole.
E allora ho trovato anche io un modo per non dover camminare a testa bassa, cosa a cui non sono abituata e che mi umilia; per guardare ma non essere vista mentre guardo. Gli occhiali da sole!
Con quelli riesco a camminare a testa alta senza sembrare sfacciata. Riesco a vedere gli occhi di chi mi guarda, senza in realtà validare il loro sguardo, che resta perciò sospeso nel vuoto, e non brilla di quel disgustoso e insolente fremito di desiderio quando si accorge di incrociare il mio.
***
Ho comprato una gonna lunga nera, doppio strato. Un po’ bombata tanto per non sembrare una scopa. Di quelle che si sono viste solo nella foto in bianco e nero della tua bisnonna.
Non mi è mai piaciuto come mi stanno le gonne lunghe e non le ho mai portate, ma qui lentamente mi sto adattando a forza di vederle in giro. E poi mi permettono di sentirmi un po’ femminile, non ne posso più di pantaloni lunghi e maglie lunghe che coprono il culo…
Non riesco più a sentire il mio corpo, ad accettarne la sensualità. Ne ho bisogno, mi manca, mi sento mutilata, ma non posso darle voce, devo solo occuparmi a scomparire.
Ahmed è l'unico momento di respiro in cui possa ricordarmi di essere donna. Ed è così, nel privato, che le donne arabe riservano la loro femminilità solo per i loro uomini.
Nessun commento:
Posta un commento