2. A chi interessa lo "sviluppo"?

3 gennaio 2009

Penso che questa development cooperation non serva a niente – almeno fatta in questo modo, dall’alto.

Mercato tra un cavalcavia e l'altro
È noto che a “certi” stati non glie ne frega niente di “svilupparsi” e di sollevare le masse dall’ignoranza, ma vogliano solo i soldi della cooperazione, per progetti che poi non si impegnano a sostenere e i cui benefici non riescono a propagarsi alla maggioranza della popolazione.

Tuttavia, sono furbi abbastanza per mantenere il giusto equilibrio tra l'implementazione di progetti governativi - di fatto di tipo per lo più assistenzialistico - e il mantenere le masse in una situazione di dipendenzaprecarietà, in modo da alimentare e giustificare all'infinito il bisogno di fondi e supporto da parte dei paesi più sviluppati

Non è un segreto per gli egiziani che l’obiettivo di Mubarak sia di dare da mangiare a tutti, ma non abbastanza per permettergli di superare quella soglia di soddisfazione che dai bisogni primari porta a potersi occupare dei bisogni secondari, come cultura, educazione, qualità della vita, rispetto, fino a senso dell'armonia e bellezza

Ebbene sì, ricomincio con la bellezza, e ne rivendico il suo ruolo nel percorso di arricchimento spirituale dell’individuo, nello sviluppo della sua sensibilità e di valori…e se vi sembra stia parlando di frivolezze, spero che queste foto seppur poche riescano a instillare un'idea di atmosfera, per meglio comprendere qual è il livello di bruttezza/bellezza a cui mi riferisco...). 

Centro: palazzo antico "incorniciato"
E se poi vogliamo parlare di bisogni secondari, parliamo del fatto che per fare ristrutturare i palazzi stupendi e fatiscenti del centro aspettano i soldi francesi, giapponesi o italiani, perché a loro, a quelli in alto, non glie ne frega nulla di preservare la loro cultura e architettura. Il teatro dell'Opera in centro è ancora carbonizzato, e il progetto del nuovo è stato curato totalmente dai giapponesi. 

Grattacieli sul Nilo con smog
I soldi non li vanno a chiedere ai rozzi e grassi nuovi ricchi, quelli che dicono che il centro è “vecchio”, e Dahab “primitiva”, ma a cui piacciono i grattacieli sul Nilo e le scenografie posticce dei resort di Sharm El Sheik, perchè sono “moderni”; per cui la massima aspirazione è il lusso (innumerevoli sono le campagne pubblicitarie che, sotto vari aspetti, utilizzano la parola “luxury”: non ho mai visto in  Europa questo valore veicolato tanto esplicitamente e tanto spesso!); quelli per cui distinguersi dalle masse povere coincide con ostentazione di arroganza, onnipotenza e spreco – ovvero quell’atto di compiaciuta leggerezza che ci fa sentire tanto spensierati e potenti, con cui buttiamo, buttiamo per terra, buttiamo via, perché tanto se ne può avere ancora, se ne può comprare uno nuovo (magari in Europa o negli Stati Uniti), e c’è sempre qualcun’altro che pulirà; quelli per cui a 18 anni i ragazzi di buona famiglia ricevono la loro macchina, come fanno gli americani, (e ovviamente non un utilitaria, perché la macchina piccola non sta bene).

Questo per chiudere il cerchio di nuovo, e confermare che questo benedetto sviluppo (e a cosa serve l'inserimento di questi nuovi indici compositi per tenere conto dello sviluppo umano…?), volontariamente o no, è perentoriamente e prettamente economico, allargando non solo - ovviamente - le frontiere del nostro commercio e profitto, ma soprattutto esportando le parti peggiori della nostra cultura del consumo!

Certo la situazione internazionale sta dimostrando come gli equilibri non siano già più gli stessi. Non siamo più gli unici a comandare, e anche in tema di cooperazione internazionale non siamo più soli. Ci sono i cinesi. 

(Si legga anche Gabbie dorate)

Sotto il cavalcavia

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