8. In flagrante reato

Lunedì 28 Luglio 2008

Il caldo è soffocante e avvolgente. La mia stanza da letto è l’unica della casa con l’aria condizionata, ma è talmente vecchia e rumorosa che non riesco a tenerla accesa per più di dieci minuti. Non si può dormire col rumore di un trattore!

È quasi mezzanotte e Ahmed è ancora da me, nel letto, quando suonano alla porta. A me si ferma il cuore e comincio a farmi mille film: qualcuno può aver riferito alla padrona di casa che un ragazzo egiziano sale sempre in casa mia; che sia lei in persona? o addirittura la polizia? Sono sei mesi di carcere per sesso fuori dal matrimonio (reato di fornicazione)– per un egiziano ovviamente – e io e lui al momento siamo inequivocabili. E se invece è il camerunense, uscito di galera e tornato a vendicarsi? Che gli racconto ad Ahmed!?

Guardo lui, che a sua volta cerca una risposta in me. Tento quindi di restare calma e fare come se mi paresse normale che qualcuno mi suonasse alla porta a mezzanotte (e in effetti, dati gli usi egiziani…), mentre cerco di buttarmi addosso le prime cose – decenti - che trovo sotto mano, tremando.

Non è raro essere ammoniti o rischiare lo sfratto per questo genere di cose, e in generale non è consigliabile attirarsi la riprovazione morale della piccola comunità di vicini e portieri dai quali sei completamente dipendente per ogni evenienza tecnico-pratica. A una mia amica è recentemente stato fatto notare dalla sua padrona di casa come fare salire contemporaneamente a casa (si trattava di una cena!) tre ragazze e tre ragazzi non fosse appropriato. La signora le ha intimato di evitare che ciò si ripetesse. Questi si pensano che facciamo le orge! A un’amica di Sara invece le han mandato la polizia; non ricordo se in casa o in albergo, ma credo in casa, dato che in albergo non si può prendere una camera con un egiziano/a senza esibire il certificato di matrimonio. Lei per risolvere la cosa ha dovuto far intervenire l’ambasciata.

Fino ad ora Ahmed con la sua faccia tosta è sempre riuscito a non farsi bloccare dai portieri all’ingresso, infilandosi nel palazzo come fosse il suo. L’ultima volta però gli hanno chiesto dove stesse andando e lui ha dovuto rispondere, seppur limitandosi a dire solo “al settimo piano”. Un giorno però mentre gli stavo aprendo la porta, Milad l’ha visto entrare da me, mentre era fermo ad aspettava davanti alla porta della mia vicina per consegnargli qualcosa. Il giorno dopo Attif già lo sapeva e mi ha salutato saltellandomi intorno con quei suoi due occhi da faina, sghignazzando. Una volta la mia reputazione imbrattata non mi è rimasto che sparare mance a destra e a manca sperando che nessuno facesse la spia con la padrona e di non incappare nuovamente in situazioni tipo “Cameroun” dove l’aiuto della comunità è necessario [si vedano i due episodi de l'idraulico].

Io non ho nessuna voglia di aprire la porta e non rispondo, però in punta di piedi mi sposto dalla camera all’ingresso e ascolto, sperando che chiunque fosse se ne andasse. Suonano ancora. Ma chi cazzo è, e cosa avrà di tanto importante, è mezzanotte!? Ancora faccio finta di niente, ma mentre mi allontano per tornare in camera sento come un rumore di chiavi; tuttora non sono del tutto sicura di quello che ho udito, ma mi è parso che tentassero di infilare delle chiavi nella toppa!!

È mezzanotte, ci sono più di 38° con un’umidità soffocante, ho la pressione bassissima e sono in uno stato onirico-confusionale. Ho perso completamente il senno. Intanto mi immagino la scenda di Ahmed nudo nel letto còlto in flagrante reato.

“Min?” (“chi è?”), faccio avvicinandomi allo spioncino, obbligata a reagire. Vedo due persone. Sento una voce di donna abbozzare una risposta incerta, e l’uomo accanto a lei bisbigliare qualcosa. Poi, in inglese: “I am the daughter in law of Mrs Agaya, I am here for the rent of July”.

Io non ci credo. Dimmi che non è vero, non può essere vero. Sono tornata dall’Italia con dieci giorni di ritardo per un imprevisto di salute e non ho potuto pagare l’affitto in tempo. Appena tornata ho tentato per quattro giorni di seguito di mettermi in contatto con la padrona di casa e il telefono ha sempre squillato a vuoto. Sicuramente non vedendomi tornare alla data stabilita hanno pensato che fossi scappata per non pagare l’affitto!

Ho aperto la porta e ho pagato, dato che avevo già preparato la busta. Ma non avrei dovuto! Avrei dovuto invece urlargli contro che “è questo forse un orario cristiano [tra l’altro sono cristiani copti] per presentarsi a casa della gente? Che io la mattina mi sveglio presto, e che se vogliono l’affitto che mi chiamassero prima per mettersi d’accordo!”, e sbattergli la porta in faccia.

Invece gli ho gentilmente spiegato che se non avevo aperto era perché dopo una certa ora, se non aspetto nessuno, per sicurezza non apro più, e che per giunta la mattina lavoro e mi sveglio molto presto, e che a mezzanotte io normalmente sto già dormendo da più di un’ora, e che perciò mi avevano svegliato. Li ho fatti sentire un po’ meschini (ma avrei potuto farlo di più data la mia esasperazione per le scampanellate notturne) e loro mi hanno chiesto scusa, un po’ imbarazzati, dicendo che normalmente loro passano anche più tardi a casa della gente!

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