In tutte le altre “nuove vite” (a Bruxelles in Erasmus, in Cile, e di nuovo a Bruxelles) la parola d’ordine è sempre stata “stacco col passato e ricomincio da capo”, piazza pulita, nuova identità. In tutte sono partita con la sensazione di un nuovo inizio, e che sarebbero durate – tant’è che la mia impressione è proprio di avere vissuto molteplici vite assieme, ognuna con un suo sistema di priorità diverso...(prima o poi dovrò fare una lista degli scenari diversi e delle diverse prospettive che ho attraversato, a volte così tanto diverse da non riuscire a riconoscermi a distanza di pochi mesi, dopo il passaggio da una vita all’altra…). 12 case in 10 anni, 4 lingue, 5 lavori in 3 anni, 4 paesi in 4 anni.
Questa volta invece non sono riuscita a calarmi in questa vita. Ho rifiutato l’Egitto, la lontananza. Ho vissuto questa esperienza come “una cosa da fare”, un “dente da togliersi”, ma senza dargli anima, e – per la prima volta nella mia vita – con la certezza, già decisa, del ritorno.
Tanto tempo da sola. Per scelta, per la stanchezza di conoscere nuove persone, raccontarsi da capo, da zero, spiegarsi, per il dolore di doverle lasciare. Ho capito che per quanto siano belle le esplorazioni ed esperienze che si possono fare, non ho più voglia di farle da sola o di condividerle con persone di passaggio. Non mi riesco a godere più nulla che consideri temporaneo e volatile, per quanto bello sia. Voglio qualcosa che senta mio. Sono stanca di investire energie in cose provvisorie, siano esse lavori, una casa, persone. Mi sento di vivere in una bolla.
Voglio trasmettere quello che ho imparato e sentito alle persone che compongono lo zoccolo duro della mia vita. Ho pensato a chi mi vuole davvero bene e a quello che mi fa stare bene. Sono diventata più diretta e calma. Rido meno e vado dritta al dunque. Ho imparato a dire no, a filtrare, a chiedere le cose in maniera meno ossequiosa.
Nessun commento:
Posta un commento