4. Toccata...e fuga

Lunedì 5 maggio 2008

Aspettavo Anna alla metro Opera per andare in palestra assieme. La chiamo per sapere dov’è, e gradualmente ci mettiamo tutte e due a imprecare al telefono contro di noi e contro il suo tassista che non l’aveva lasciata dalla parte giusta del parco, nonostante le indicazioni date.

Approfittando della mia distrazione, un ragazzetto passa e mi palpa la parte alta del braccio che, quel giorno, avevo lasciato inconsuetamente scoperta in un moto di indipendenza e strafottenza, indossando una maglietta...ben a mezze maniche!

- Vaffanculo, stronzo!! – la tolleranza è minima con 40 gradi e gli affronti continui e quotidiani alla tua rispettabilità.
- Cosaaa??! Oooh, stai calma! – fa Anna al telefono pensando dicessi con lei, mentre si lamentava perché le avevo annunciato che non avrei potuto attenderla, per non fare aspettare troppo Ahmed in palestra. I vaffanculo al ragazzo si sommano e si mischiano ai reciproci nostri.

[Si veda anche Di nuovo, touchée]

Lunedì 19 maggio 2008

Oggi facevo con Liliana la solita strada per andare in palestra, dalla fermata Opera alla Courniche El Nil.

A un certo punto sento una stretta di dietro. Ben stretta e profonda. Mi giro e c’è sto ragazzetto grasso (chiatto, per dirla come Liliana, in napoletano) e di massimo vent’anni che sorride e si mette a correre.

Mi ha completamente congelata e non ho avuto la prontezza di rincorrerlo, né ci sarei riuscita con le ballerine, la borsa della palestra e la mia borsa, eppure correva pure piano, grasso com’era. Gli ho gridato dietro un “fucking bastard” ma non sono riuscita a fare nulla di più. Liliana da parte sua gli ha inveito contro una serie di insulti in un arabo così fluente che ci sono rimasta di stucco; solo che poi mi ha fatto notare che si trattasse invece di napoletano stretto

Lui ha continuato a correre e poi raggiunta una certa distanza ha ricominciato a camminare. Allora io e Liliana ci siamo messe a camminare spedite nella sua direzione; lui era già lontano e irraggiungibile, ma al solo vederci reagire si è rimesso a correre a gambe levate imboccando poi le scale della metro. 

È talmente umiliante, frustrante e dispregiativo che mi sono portata dietro per alcuni giorni la sensazione di quel contatto. È un pubblico scherno e attacco al tuo intimo. Inoltre si avverte chiaramente come l’essere occidentale venga considerato come un “ingresso facilitato”.

[Si veda anche Di nuovo, touchée]

Lun 26 maggio

Percorro il solito tratto di Courniche El Nil che mi porta dalla metro Opera alla palestra. Questo tratto della Courniche è piuttosto chic, ed è tutta un cantiere. Vi sono inoltre case particolari, come per esempio quella della vedova di Sadat, sorvegliate massicciamente.

Capita perciò che in questo percorso si concentrino le due peggiori categorie di uomini, e che, per ragioni inerenti alla categoria, queste si presentino con maggiore probabilità sotto forma di gruppo: sono i muratori, e i soldati. Le mie camminate fino alla palestra sono un supplizio ad occhi bassi, tra cori, fischi e versi di tutti i tipi.

A un certo punto mi sento chiamare “mademoiselle”. Che vuoi, faccio finta di nulla e tiro dritto, occhiali da sole e sguardo basso. Mademoiselle..! La voce si avvicina, come mi rincorresse. Mi volto, e mi trovo un ragazzo sui 35, un po’ grassottello, pelato, di quelli dall’aspetto mansueto e timido.

- Mademoiselle, I just wanted to tell you that a guy there took a photo of your back with his mobile...in case you would like to prevent the police.-

Resto piacevolmente colpita e intenerita, ma col sorriso rassegnato.

- Oh, thank you, it’s really very kind of you...but you know… what could I do...
- Maybe, you should put longer shirts that cover you back.
- I thank you for your advice, but I think of wearing clothes long enough, and that my dressing is in all ways respectful of your habits; I do not want to renounce to my freedom of wearing what I want, since I consider it appropriate anyhow. I think that this is their problem, and not mine…
 
Il ragazzo parla calmo, con voce timida e quasi mortificata. Mi dice che lo fanno spesso, di fare foto (del resto mi è capitato anche ad Alessandria al mare, e durante il viaggio di ritorno da Baharia).

Poi mi racconta di come a certe turiste – di quelle che indossano abiti di sole bretelline, o che non si mettono il reggiseno – dei ragazzini gli abbiano tirato giù le bretelle.

Quando me lo dice, mi trovo però a pensare con una punta di indignazione e un inatteso moralismo che a quelle turiste gli stava proprio bene, e che se lo meritavano, razza di zoccole interculturalmente insensibili! Mi stupisco molto di questo moto e mi rendo conto di come in questi mesi, causa le sensazioni negative accumulate sul mio corpo di donna, abbia  interiorizzato alcuni limiti e adattato la mia sensibilità rispetto a ciò che è socialmente mostrabile o meno. 

Poi ci salutiamo e io entro nella barca che ospita la mia palestra.

Martedì 27 maggio 2008

Nel percorso dalla metro all’ufficio un minibus - di quelli sempre carichi e con almeno un paio di ragazzi appesi fuori dalla porta aperta – non si limita a suonarmi da dietro, ma fa finta di venirmi addosso. Sparato, mi sfiora e poi si rimette in traiettoria. E gli stronzi appesi dietro ridono. - Bastardi idioti - penso, o forse pronuncio - schiantatevi! - non ne posso più...grido di rabbia.

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