Dopo un giro a Kan Al Khalili, io e Grazia siamo etrate in una moschea bellissima, grandissima, con una corte all’aperto tutta di marmo.
Il sole rifletteva su quel bianco lucido ed era abbagliante. Impossibile da concepire una pace così a un passo dal caos del Cairo.
Ci siamo riparate per una mez’oretta all’ombra e nella pace. C’era qualche uomo che riposava, uno che studiava. Poi c’è stato il richiamo alla preghiera e ne è entrato qualcuno in più.
A un certo punto un uomo è arrivato e ci ha fatto spostare. Non capivamo dove volesse che ci muovessimo...lui indicava qualche metro più in là, giusto dopo la colonna. Ci dovevamo mettere dietro una colonna, perché il gruppetto poco più in là non ci vedesse, altrimenti li avremmo distratti dalla preghiera. Dopo un po’ è ripassato, indicandomi la schiena. Non mi ero accorta che la canottiera era su, e si vedeva un pezzo di bassa schiena. Incredibile quanto mi sia sentita inadeguata e in colpa.
In generale mi sento di rispettare questo loro modo di coprirsi. Anche questo è un segno del mio adattamento e cambiamento. I primi giorni quello che sentivo era senso di inadeguatezza, vergogna, prigione, ansia. Ora, perché forse ci ho preso le misure e so quanto mi posso permettere...non mi sento più così costretta e se mi va di scoprirmi un po’ di più lo faccio. Ma a dir la verità va molto a giorni e cambia subitamente da ambiente ad ambiente, a seconda di con chi sono e come mi si guarda…
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