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2. Proposte quotidiane

I taxisti ti sbirciano dallo specchietto retrovisore.

La prima cosa che cercano di avvistare è l’anulare della mano sinistra, per vedere se c’è la fede. Io nascondo le mani, oppure giro verso il basso il mio grosso anello con la pietra nera, così da restare con solo una fascia d’argento. Tanto, qui la maggior parte delle fedi sono di argento.  
Poi cercano di guardarti le gambe.

- Sei sposata?
Sì; no; dipende da come mi gira, da quanto mi sento vulnerabile o da quanto me ne frego quel giorno, e da quanto ho voglia di inventare e giustificare, o di assumermi il mio status di donna "matura" single (il fatto di non essere sposata alla mia età - 29 anni - desta loro seri interrogativi!).

Se è sì
- E dov’è tuo marito?

- Mio marito lavora qui, l’ho seguito/

- Mio marito non c’è, è in Italia.
- In Italia?? E ti lascia venire qui da sola? No good!
- Ma è solo per poco, sto qui per qualche mese.
- E vivi da sola?

- Sì, vivo da sola (sguardi spersi e di disapprovazione. Alcuni dopo questa risposta si tacciono. Altri la prendono come un’incentivo in più a provarci)/

- No, vivo con una mia amica 
      - Aahh...

- E hai figli?
Sì; no; a seconda di come mi sento.

- Sì, ho due figli piccoli.
- Amdullilah. È bello avere figli! Bene bene! /

- No, non ho figli.
- E perché? Non ti piacciono i bambini?
- Sì, certo che mi piacciono, ne avremo presto (mentre penso, sì, certo, mi trovi te uno straccio di uomo che voglia fare figli prima che io abbia 40 anni?)

Se è no (non sono sposata)
- E perché?
- Ma sono fidanzata, ci sposeremo presto.
- E non ti piacciono gli uomini egiziani? Ci sono tanti uomini egiziani sposati con donne italiane sai? [ed effettivamente è vero! E ammetto che in generale gli uomini egiziani oltre ad essere belli, hanno il loro fascino]. Egitto e Italia vanno bene assieme! [mentre avvicina gli indici delle mani e mi fa l’occhiolino dallo specchietto, con un ghigno sdentato].

L’ordine delle domande è un po’ variabile. Possono iniziare coi figli per arrivare solo dopo al matrimonio e all’uomo. Poi tastano il terreno sulla tua morigeratezza.

1. Taxi quotidiano

Oggi tornando a casa mi sono seduta in taxi nel sedile del passeggero, come si fa spesso qui. Eravamo bloccati in via 26 luglio sotto il cavalcavia, tra clacson e smog. Non riuscivo a respirare.

In tutto ciò il tassista comincia a litigare con un collega accostato alla nostra destra. Comincia quindi a sporgersi su di me per urlare all’altro attraverso il mio finestrino. Mi urlava nelle orecchie e potevo sentire il suo odore e il suo alito, e il suono della lingua articolare i suoni in mezzo alla saliva. Per fortuna non mi è arrivato nessuno schizzo. Dirimpetto avevo le urla anche dell’altro nelle orecchie. Pensavo la smettessero subito, e invece no, riiniziavano in continuazione.

Non ce la facevo più, avrei voluto strozzarli! Mi sono alzata gridando “Halas!, halas!”. Sono uscita dal taxi in mezzo a via 26 luglio, sbattendo la porta e lasciando i soldi sul cruscotto. Aprendo la portiera ho anche urtato il muso del taxi di fronte al nostro. Il taxista mi ha guardato male e abbozzato un cenno di disapprovazione, e io l’ho ricambiato ancora peggio. Che isterica. Ma ero allo stremo e debolissima per il mio stato fisico e la giornata di oggi!

3. Psycho Taxi

Ven 9 maggio

Per tornare a casa da Baharia Ezz ci ha messo a disposizione un taxi. L’autista – un uomo grasso dagli occhi porcini e la bocca paralizzata in un sorriso triangolare – si era fatto accompagnare dal figlio, un ragazzetto decisamente poco sveglio e  po’ strabico.

I due avevano un che di inquietante. L’autista non ci guardava mai negli occhi, ma ogni volta incrociavo il suo sguardo obliquo nello specchietto retrovisore. Ripeteva sempre le stesse quattro parole in inglese, e poi scoppiava in una risata isterica e troppo forte.

Per arrivare al Cairo ci volevano circa tre ore. Vinte dal caldo e dalla stanchezza, io e Anna abbiamo chiuso gli occhi, seppure la consapevolezza di essere osservata non mi permettesse di rilassarmi veramente. A un certo punto Anna apre gli occhi e vede che il ragazzo ci sta facendo delle foto!

Durante la sosta all’unico bar esistente nella strada che collega il Cairo con Baharia, incontriamo i due ragazzi tedeschi e la loro guida, Omar. Io e Anna oltre ad andare in “bagno” (latrina nera e maleodorante invasa di mosche e senza acqua corrente, che abbiamo evitato in favore delle dune del retrobottega), volevamo prenderci qualcosa da bere. Ci sediamo al tavolo con Omar, ma i nostri autisti però, e non capiamo il perché, volevano ripartire subito e cominciano a metterci pressione anche abbastanza sgarbatamente.

Omar propone allora di portarci lui fino al Cairo, con la scusa che la sua macchina aveva l’aria condizionata, e concorda con i nostri autisti un punto di incontro alle porte del Cairo. Ma come sempre mi accade mentre tento di seguire le negoziazioni in arabo, quando finalmente riesco a capirci qualcosa la decisione è già stata presa. Ed è così che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di dire ai nostri autisti che volevamo anche ritirare i bagagli dalla loro macchina che loro si erano già dileguati nella polvere, con tutte le nostre cose.

Noi abbiamo continuato a bere con calma il nostro drink. Solo dopo, pensando a che, di fatto, se ne erano andati con le nostre cose ed erano già stati pagati, comincia a salirmi un po’ di ansia. Li abbiamo inseguiti ma siamo riusciti a raggiungerli solo alla fine, al punto d’incontro stabilito.

Arrivate sotto casa ha pure allungato la mano con fare lamentoso ed elemosinante. Io la mancia non glie l’ho data. Il suo sorriso viscido è svanito in un attimo e ha continuato a lamentarsi dal finestrino. Non me ne frega, mi hai fatto fare un viaggio d’inferno e andare di traverso la coca-cola, ridendo istericamente per tutto il tempo oltre ad averci fotografato e spiato per tutto il tempo dallo specchietto retrovisore. 

2. Anna viene al Cairo

Venerdì 2 maggio

Il piano era di fare un giro in centro e poi raggiungere la cittadella, in cui io non ero ancora mai stata. 
Ovviamente l’autista non capisce dove dobbiamo andare ma fa finta di sì, ci porta fuori strada e poi ci vuole fare pagare la distanza percorsa per sbaglio, e io che mi metto a litigare. 
– Anna esci dal taxi! 
– Cosa? 
– Esci dal taxi ho detto! - Se no non riesco a litigare.

Arrivati finalmente alla piazza della cittadella, abbiamo cercato di capire dove fosse l'entrataUn passante ci ha detto che assolutamente era chiusa di venerdì a quell’ora. Un altro che era aperta e che aveva appena visto gruppi di persone entrare. Un terzo, che ci ha trovate riverse sulla mappa, ci ha chiesto se avevamo bisogno di aiuto, e ha anche anticipato la mia diffidenza, dicendo che non lo faceva per avere una mancia, ma perché era laureato in storia dell’arte, e gli faceva piacere dare informazioni sulla propria città.

Oltre a volerci mandare verso una moschea mai sentita, seguendo le sue indicazioni ci siamo infognate in una stradina sterrata piena di immondizia e carcasse di auto, che finiva in un enorme cancello arrugginito chiuso da un chiavistello. Siamo tornate sui nostri passi. 

Abbiamo camminato in stradine sterrate e fangose, e poi in mezzo allo smog, al caldo, al nero del grasso e dell’olio delle officine sciolti sulla strada, scavalcando immondizia e gatti morti. Infine abbiamo raggiunto l’entrata. 








Mercoledì 7 maggio

Partite dal Cairo alle 7:15 per Baharia. Io e Anna ci siamo stese lungo una duna e siamo state così ad occhi chiusi per vari minuti, fino a che la sabbia non ha iniziato a ricoprirci. Solo un vento reso silenzioso dal contatto con la sabbia. Deserto biancoLa sabbia profuma di pulito. Paesaggio lunare. Compagnia piacevole. Calma.






Giovedi 8 maggio



Ieri sera abbiamo visto una volpe del deserto. Si è avvicinata al nostro fuoco. La sera ci siamo uniti a un altro gruppo, composto da una guida e due ragazzi tedeschi. Canzoni, canti e balli beduini nella tenda di Omar. Ezz suonava il bongo e cantava, e poi si è messo a ballare la “danza del cammello”, una tipica danza matrimoniale femminile, che consiste nell’appoggiarsi a un bastone, e a girarvi intorno lentamente mettendo in evidenza il movimento delle chiappe.


Il deserto è uno stato neutro dell'essere. È un azzerarsi dell'anima. È l'uomo di fronte alla natura. È pulito, è caldo, è secco, è infinito, è ondulato. È una distesa di sabbia, ma mai uguale a se stesso, tutt'altro che monotono. 






5. Scene di vita quotidiana

Sei qui con tuo marito? 
Oggi il security officer mi ha chiesto con spontaneità se vivo qui col mio “spouse”, o se sto qui al Cairo da sola. E ridaje… Ma c’ho avrò avuto la fede alla mano sinistra quando l’ho conosciuto, o sono davvero troppo al di là dell’età del matrimonio? Anche i tassisti me lo chiedono sempre. 

Corpo
Oggi, giorno dedicato a me stessa. Come tutti gli altri giorni, si dirà...Allora giorno dedicato al mio corpo, questo corpo "sporcato". Necessario per contrastare l’assoluta mancanza di sensualità e l’opprimente autocontrollo a cui sono soggetta, nel vestire, nel muovermi, nel guardare, nel toccare, nel ridere, nel sorridere.
h 10 Ceretta dall’estetista;
h 14 Pulizia del viso a casa, con Dagmar, bella e tormentata quarantacinquenne tedesca. Anima persa, come dice Liliana.
h 18 Aerobica;
h 19 Fisioterapista.

Fatim
È venuta Fatin a farmi ceretta e manicure - e con lei ho ripassato tutta la lezione di arabo fatta ieri con Elias.
Mi ha chiesto perché mi vesto sempre di nero. “Because I like it!” “Ah, ok, because you like it”. Forse credeva che potessi essere vedova?
Poi, quando si è fatta l’ora, si è presa la sua pausa e si è messa a pregare, sul mio divano. 

“Non lavorano”
Parlando con Nada oggi ho scoperto che un funzionario del governo, senior, arriva a prendere 1000 pounds al mese, ovvero circa 150 euro.
Nada lavora come consulente del WFP al governo e mi ha detto che negli uffici governativi non hanno la connessione internet. “E come lavorano?” le ho chiesto. “Ah, ma non lavorano. Molti non si presentano nemmeno in ufficio”. Beh, ci credo, per 150 euro...

Soldati
Uscendo dalla metro di Al Taharir sono sbucata proprio nel mezzo di una truppa di soldati, perché ovviamente la piazza principale era tutta controllata; madonna mia, non poteva andarmi peggio...ho tenuto lo sguardo basso per scomparire, non terminavano mai...

Milk and sugar
Oggi per la strada un ragazzetto mi ha gridato: “milkmilk!”. L’altro appellativo preferito è sugar.

Taxi
Torno dalla palestra, per Courniche El Nil. Un autobus è fermo di traverso - ma proprio in perpendicolare, a 90° - e blocca tutto il traffico dall’arteria del Cairo. È proprio davanti a noi.  

Vedo il povero autista che annaspa, l’autobus non si muove. In realtà è semplicemente la retro che non riesce ad entrare. Da dove sono io riesco a vederlo, il mio driver no. Allora a gesti indico la marcia e il movimento: è solo quello che non funziona. Lui capisce e scende, e in pochi secondi si fa del movimento e si radunano un po’ di uomini. Se non fosse stato per lui non si sarebbero più mossi. Dal bus cominciano a scendere uno dopo l’altro soldati in uniforme, tutti a spingere il bus all’indietro. Riescono a raddrizzarlo e a ripartire. 

“Mabruk!” dico all’autista, congratulazioni! E comunque, arrivati a Zamalek, e per quanto gli abbia detto “Setta” (6), questo ha provato a prendermi 10! “Dayman kamsa!”, “pago sempre 5!”, gli ho detto, e io che pure gli volevo fare un piacere dandogli 6! Alla fine non aveva il resto di 10, e mi ha dato 5 pound...e lo ho pagato 5. 

Mi chiedo se il mio sia un atteggiamento etico o no. Dovrei fottermene e dare di più a questa povera gente, che per la maggior parte mi pare lavorare onestamente, rovinandosi i polmoni nel traffico...o assumere che io, come ogni altro, è giusto che gli dia una somma adeguata ma giusta, e non da turista. Mi sento una spocchiosa ad arbitrare sui pochi centesimi di euro che separano 5 da 10 pounds, ma nemmeno voglio fare la turista.

Doctor Agaya
Oggi Doctor Agaya, la mia proprietaria settuagenaria, mi ha aperto la porta in sottovestina. Con me c’era anche il suo bauab.
Attualmente ci sono 36 gradi, e dovrebbe essere normale stare in sottoveste o simili. E invece quando l’ho vista ho pensato che ci fosse un errore, che sicuramente non sapeva che con me ci fosse anche il bauab, e si sarebbe andata a coprire...
E invece lei era tranqullissima, giustamente, con la sua sottovestina grigiolina dalla polvere e piena di macchie. Anche lui non ha fatto una piega. Dopotutto Doctor Agaya è una cristiana copta, una marginale e un’infedele. Forse anche il suo bauab è copto. I miei lo sono.
In fondo sembra carina, anche se ho paura che alla fine mi fotta i soldi delle bollette.

Lezioni di arabo
Ieri ho fatto la prima lezione di arabo con Elia. Elia ha 35 anni, parla italiano, inglese, francese, greco ed arabo ed ha origini greche, italiane, e arabe. Pur senza averci mai vissuto né comprendendone i sottili meccanismi ha diritto di voto in Italia, che esprime a favore di Silvio.
E’ andata bene. Mi ha fatto prima parlare e poi un po’ scrivere. Che strana sensazione ritrovarsi a scrivere con una matita dei segni incerti e cancellare gli errori con la gomma. E cercare di ricordarsi cosa distingue una lettera dall’altra.
Di quando imparavo a scrivere alle elementari, ricordo una cosa: i ragionamenti che facevo cercando di ricordare quale era la “b” e quale la “d”. Però questa lezione mi ha trasmesso libertà. E’ come se avessi suggellato l’ingresso alla mia nuova vita.

Ufficio 
È da una settimana che in ufficio l’acqua c’è e non c’è, ma nessuno si lamenta.

A causa di uno sciopero programmato per oggi, inoltre, le misure di sicurezza ONU hanno legittimato il personale a lavorare da casa. A me non mi pareva così una big issue e sono andata al lavoro, ma ero l’unica tra il personale non residente a Maadi. Mi pare assurdo. Sono comunque andata via prima, anche perché non essendoci i colleghi, potevo fare poco.


Ambulanze
Una cosa che non ho mai sentito fino ora è la sirena delle ambulanze. Infatti ho scoperto essercene una ogni 35.000 abitanti.

Concerto
Questa sera vado a vedere un concerto di Ali El Haggar con Liliana. Vita culturale. Ci vuole per ritrovarsi dove si sta vivendo. Mi fa sentire di vivere finalmente, ora, la mia nuova vita in questa città.
Mi è parso di capire che questo artista è un po’ come i nostri cantautori (De Andrè, De Gregori...). Il pubblico era variegato, anche se si distinguevano persone di classe medio alta.
Io lo vedo da come sono le donne. Erano o svelate, o col velo “a concio”, come lo chiamo io, ovvero arrotolato dietro o di lato in una crocchia che lascia scoperta la nuca. Ha un che di chic. Lui mi è piaciuto molto, una voce fantastica. La gente si avvicendava ai piedi del palco dandogli dei bigliettini con scritte le canzoni che avrebbero voluto ascoltare.

Gatto 
Dopo il lavoro entro in casa, apro le finestre perchè l’immondizia inizia a puzzare...vado in bagno per lavarmi le mani, esco e chi mi trovo? Il gatto bianco, col suo collarino, il pelo rasato (a parte la coda che era un batuffolo)...entrato dalla finestra che dà sulla terrazza dei vicini.
Non riuscivo a fargli capire che era entrato dalla finestra, lui cominciava a porsi qualche quesito su dove si trovava e ad agitarsi, ma non me la sentivo di gettarlo sulla sua terrazza, che è un po' di sbieco rispetto alla mia...
Alla fine ha ritrovato la strada. E poi è ritornato. Ma l’ho mandato via facendo i fischi dei gatti...E mi ha anche fatto tutte le impronte in casa, di pece, quella che l’omino ha usato per isolare il mio tetto..e che giustamente ha fatto colare nel balcone del vicino, e che ora col caldo si scioglie...maledetto gatto. 

2. Taxi

Domenica 2 marzo 2008

Sto imparando a imporre i 5 pounds in taxi, e loro vedendo che sono sicura del prezzo sembrano non fare più tante storie.

I taxi sono una parte fondamentale della nostra vita da espatriati. Sono ovunque. Ti seguono e ti inseguono. Se voglio semplicemente andare a piedi, passo il tempo a scacciare taxi che mi si accostano.

Uno più scassato dell'altro, sono utilitarie anni '60 francesi, italiane e tedesche che vivono qui una seconda vita, dipinte di bianco e nero: Fiat 128, Ritmo, e soprattutto Peugeot 504, quelle che vanno per la maggiore.

Le sovvenzioni statali sulla benzina, e un regolamento che negli anni '90 ha consentito a tutte le vecchie auto di essere convertite in taxi, ha volto il mestiere di taxista al Cairo nella massima ambizione degli strati più poveri dell'interland, causando un afflusso di massa sulla capitale. Il fumo che producono è il più nero e denso di ogni altro veicolo.
I tassisti sono tutti povera gente. Alcuni guidano scalzi.

Varietà:

  • Auto senza targa (all'ordine del giorno).
  • Fiat con targa “RE”, "FI", "LE" (sì, Reggio-Emilia, Firenze, Lecce - arancione anni '80) che spunta da sotto la targa araba, quadrata e quindi più corta.
  • Fari che vengono accesi manualmente e a intermittenza (come di solito si fa con gli abbaglianti) dall’autista.
  • Clacson che suona facendo contatto tra due fili.
  • Auto ricavate saldando assieme due auto differenti.
  • Auto “pura struttura”, dove, seduti sul sedile posteriore, sotto i piedi di vedi la strada, tipo “flinstones”.
  • Autisti che tengono la portiera della macchina chiusa con l’ascella.
  • Manovelle del finestrino assenti: l’autista interviene se necessario con una chiave per girare il perno.
  • Aperture delle portiere rotte e sostituite da prolunghe di fil di ferro; apertura altrimenti possibile solo dall’esterno.
  • Cambi non funzionanti, per cui tutto il tragitto al massimo in seconda.
  • Sedili anteriori bloccati nel massimo della loro estensione, obbligando il passeggero posteriore a raccogliere le ginocchia sul sedile (durante viaggi condivisi), o comunque a entrare dall'altra portiera.
Consuetudini:

  • Essendo l'aria condizionata un concetto futuristico negli anni '60, per non morire di caldo i finestrini sono tenuti tassativamente aperti (di solito la manovella è persino rimossa), catapultandoti nel caos dei clacson e rendendo l’aria irrespirabile per lo smog.
  • La radio è accesa a tutto volume. Crediamo che sia – per loro - un segno di attenzione verso il cliente, dal momento che la accendono appena si salga. Non capiscono che per noi possa essere sgradevole. Tra i canali preferiti, quello della lettura del corano, che con il suo ritmo non aiuta di prima mattina ad affrontare il caos quotidiano (io e Liliana lo definiamo con un po' di pudore, “il lamento”)...
Abbellimenti:

  • Appendici delle sicure a forma di teschio o altro.
  • Pellicciotto di vario colore applicato su tutto lo spazio anteriore che va dal volante fino al margine destro del cruscotto.
  • Il pellicciotto può ospitare creature differenti, quali statuette e riproduzioni di vari animali in peluche con scritte tipo “I love you” o "I love Italy".
  • L’interno e l’esterno dei taxi è movimentato da lucine al neon di vario colore
  • Ugualmente vale per specchietti di tutte le dimensioni, usati più per sbirciare il passeggero/a da tutte le angolazioni che per controllare il traffico selvaggio (almeno questo è quello che c’è parso a me e alle mie amiche).
  • Sono inoltre inflazionati le riproduzioni del corano, dei pendenti a forma di uva, e gli stemmi della squadra di calcio locale. Anche riferimenti calcistici all'Italia sono frequenti.

2. L'arrivo


Domenica 17 febbraio 2008

Sono atterrata ieri.

Questa sensazione la conosco, ma quando mi prese a Santiago del Cile non era tanto forte.

E’ un senso di smarrimento, che quando ti guardi intorno ti chiedi che diavolo ci fai lì. In questo paese così vicino e così lontano. Il Latinoamerica in confronto è dietro l’angolo. Provi a proiettarti fra 10 mesi e pensi che non ce la farai mai a sopportare un anno in queste condizioni. Provi a immaginarti quanta vita scorre là dove hai lasciato le persone a cui vuoi bene, e pensi che non riuscirai mai più a colmare la frattura, anche se continui a ripeterti che l’esperienza ti ha dimostrato che non è vero.

La realtà è che sei tu che hai paura di cambiare, di perdere il controllo di quello che sei ora, coi tuoi gusti, le tue esigenze, i tuoi amori, le tue priorità. Sai che il cambiamento è ineluttabile, e così intrinseco che non hai modo di controllarlo. Hai paura di ritrovarti fra un anno senza riconoscerti, senza più sapere che posto andare a rivestire nella società che a malincuore hai appena lasciato, e nella quale avevi abbozzato finalmente un percorso in cui ti riconoscevi e identificavi. E ora che cos’è questo lavoro che mi ritrovo? E’ ora in grado di sopperire a un mio bisogno esistenziale? No...Dove ero io ora? In un mondo fatato, è vero, però era diventato per una volta il mio mondo.


Non ho internet a casa né skype in ufficio. Non ho un posto mio ancora, sono lontana dal lavoro. Avere punti di riferimento in arabo è impossibile, e anche ricordarsi le parole e i nomi delle vie. Conosco già questo senso di straniamento, ma è pur sempre sgradevole. Almeno con le lingue europee riesci ad orientarti, qui invece....è arabo.

Anche a Santiago i primi due giorni ho reagito così. Mi ricordo che avevo il magone, che mi mancava tutto, e qualsiasi sciocchezza mi infastidiva: il fatto di non poter buttare la carta igienica nel water, il sapore di cloro dell’acqua, il freddo mentre facevo la doccia, le strade inquinate. Ma dopo una settimana mi ero fatta conquistare dai colori, e dopo un mese non volevo più andarmene.

Ora so che tutto questo malessere dipende solo dalla casa, che è per antonomasia sinonimo di abitudine. Datemi delle abitudini. Non ce la faccio più a ribaltare sempre tutto, a rifare sempre gli stessi processi. Casa, trasporti, sim card, banca, collegamento internet, esplorazione negozi, registrazione al consolato...La mia testa è un intruglio di codici e numeri pin.


Oggi è stato il primo giorno di lavoro, un lavoro bellissimo, quello per cui ho investito tutto, e rinunciato a tanto…Ma non riesco ad esserne entusiasta. Vorrei quello da cui sono sempre scappata: avere la tranquillità di una vita regolare, in una bella città, con il sole, e una dimensione pedonale. Un lavoretto decente ma non per forza super figo, che mi dia i soldi giusti per poter vivere decentemente e metter qualcosa da parte. Arrivare a casa a un ora decente e chiacchierare con un amico davanti a un bicchiere, rilassarmi, curare il mio corpo in palestra, vedere un film con qualcuno, leggere e leggere.


O forse ho semplicemente perso, o meglio, appagato, quella vena antropologica che mi ha sempre spinto ad assimilarmi ai luoghi per poterne cogliere l’anima. Ora preferisco molto di più un’osservazione distaccata, ma pur sempre acuta. Non ho più quella voglia di andare dentro l’altro e il diverso per forza, di capire la sua forma mentis, il perché fa certe cose. Mi piace prendere atto delle sue abitudini, quello sì.


Credo che il mio punto di massima espansione, come lo chiamava P., sia stato toccato. Ora è il tempo del raccoglimento. Credo che dovrò cercare di sistemarmi al più presto, tranquillizzarmi, farmi una buona connessione Internet, concentrarmi sul lavoro, per fare un buon lavoro, e poi cominciare a mandare cv a Bruxelles.
Non ho tanta voglia di uscire al momento. Bruxelles mi ha estenuato nell’ultimo anno. Forse mi verrà tra un paio di mesi...Credo non ci sia nulla di male ora a prendersi un po’ di tempo per ricaricarsi. La città me la godrò più avanti.


***


Non è scontato niente. Non è scontata la salute, non è scontata l’aria che respiri, la sicurezza delle case in cui vivi, delle strade, degli ascensori o delle macchine che guidi, o i controlli sul cibo.

Ho ingurgitato quintali di piombo. Il Cairo è perennemente avvolta dalla nebbia…solo che è smog. Questa città non contempla l’esistenza della parola “pedone” ed è continuamente congestionata dal traffico. Ho marciato in lungo e in largo, cercando di passare da un ponte all’altro del Nilo. A un certo punto mi sono ritrovata su un raccordo – per nulla pedonale – camminando in salita in un marciapiede di 10 cm, interrotto regolarmente da pali della luce, ai quali dovevo attaccarmi ruotando per poter continuare a camminare sulla stretta striscia senza cadere sulla strada dove le macchine sfrecciavano.

Le strade in generale non sono attraversabili, e ovviamente mancano le strisce pedonali. Ci sono militari ad ogni angolo, ma ancora non ho capito a fare cosa, se non per morire di cancro fra 5 anni. L’aria è irrespirabile, e ciononostante le persone passeggiano sui ponti e si affacciano alle balaustre per guardare il Nilo, che sì, è affascinante.

Ieri, primo giorno, mi hanno mandato l'autista; domani dovro' andare al lavoro da sola. Vedremo come...!


Lunedì 18 febbraio 2008


Oggi A. mi ha mandato una mail. Discreta e asciutta. Mi rendo conto di come, se avessi qualcuno accanto, sarebbe comunque questo tutto quello che vorrei. Qualcuno che sappia entrare poco a poco in me, che non rischi di interrompere gli andirivieni dei miei umori con il suono imposto della voce; ma che si insinui semplicemente nei miei pensieri, tramite poche parole, radicandosi così in maniera più uniforme dentro di me. Quanto invece mi sentivo graffiata dalla videocamera in skype...Ogni giorno, stessa ora, e la schiavitù della voce e della telecamera.

Mi rendo conto di quanto sono sfuggevole. E di quanto il mio mondo interiore sia intricato, e non riesca a sintonizzarsi sulle frequenze esteriori. In questi giorni Sara, che mi ospita, deve starsi chiedendo che cosa mi spinga a chiudermi in camera mia alle 20.30, col mio computer, a scrivere – come le dico.


E’ la mia esigenza di districare i fili, di dipanare la matassa quotidianamente, per poter controllare bene i fili del burattino la mattina dopo. Non riesco a gestire più di tanti input. E ho capito che ho un bisogno quotidiano di farne tabula rasa, ovvero, di digerirli con me stessa.


Questa notte sono riuscita a riposare - inaspettatamente, dato lo stato d’animo di ieri sera – e mi sono svegliata molto bene. La soluzione taxi + metro per andare al lavoro ha funzionato, e mi sono tranquillizzata.


E già entro in quello stato in cui ci si avvicina alle persone, come a Lara per esempio, o Liliana, una signora italiana che ho conosciuto oggi. In fondo, li conosco già gli stadi di adattamento.


Ciao A.,

il viaggio è andato bene, con tanto di solita gente che non è disposta a capire quando qualcuno preferisce ascoltare l’ipod piuttosto che parlare tutto il tempo...


La città è strana...Non riesco a dire che è bella perché i due quartieri che ho visto esteticamente non lo sono, però l’atmosfera mi piace. Credo che abbia tanto da offrire, ora cercherò di scoprirlo. Tutti mi hanno detto che è una città molto sicura, anche per girare da soli. Gli egiziani sembrano proprio tranquilli, a parte che forse osservano un po’.


Ieri per tornare a casa ho preso la metro. Mi sono infilata in un vagone, a caso, e mi sono accorta che erano tutte donne. Insomma, uno dei vagoni centrali è riservato a sole donne. Per fortuna che mi sono infilato in quello giusto! Quando sono uscita dal mio vagone ho visto gli altri che letteralmente straripavano ed erano tutti uomini, aiuto! Forse ci vanno solo le donne di una certa età.


Poi ho preso il mio primo taxi scassato, dopo aver finalmente desistito (dopo quintali di piombo inalato) dal fare l’ultimo tratto di strada a piedi, cercando disperatametne di capire come evitare i raccordi, impossibili da attraversare, che passano attorno al Nilo. Sta mattina mi sono svegliata con quella sensazione di quando hai fumato più del tuo numero solito di sigarette. Ho inoltre capito che il rischio più grande che correrò è quello di essere investita da una macchina. Ho anche scoperto che la mia patente qui non è valida, e sono molto disappointed, ma forse è un bene che non possa gettarmi in questo traffico.


Non ho ancora visto il centro, ci andrò questo weekend. Il Nilo è affascinante, e ci sono vari locali e giardini lungo le sponde. Ma per il resto anche il quartiere che dicono essere un po’ più residenziale e caro (dove lavoro io), in certe parti a me pare comunque popolare...


L’inglese qua non è che lo mastichino così tanto bene per la strada. Era tanto che non mi capitava di sentirmi così completamente incapace di comunicare. Poi per quanto riguarda la trascrizione in alfabeto latino...ognuno ha la sua versione e non si capisce mai se si sta parlando dello stesso posto. Appena trovo una casa e mi sistemo, corso di arabo. Va beh, comunque in fondo è un po’ come stare a Napoli ;)


In ufficio non posso installare skype e Sara non ha internet a casa per cui in questi giorni sono un po’ isolata. In compenso ho un nuovo numero egizio: 02 016 9010772


A presto,
Margot