Venerdi 26 settembre 2008
Oggi è venuto il dottore. È da un po’ che ho degli strani dolori alle articolazioni delle mani e l’altra settimana mi si è gonfiato un dito senza ci fosse stato alcun trauma; dovrò fare delle analisi del sangue per escludere malattie autoimmuni.
Oggi non mi sento bene. Ho un mal di testa terribile e la mente alterata, come in loop. Mi sono presa dell’efferalgan ma non mi è passato. Mi rendo conto che Ahmed mi ha chiamato un’ora fa, ma dato il mio stato mentale mi sembrano passati appena cinque minuti.
Domenica 28 settembre 2008
Oggi mi è successa la stessa cosa di cui Rania si è lamentata tutto il tempo giovedì scorso al lavoro: qualche perdita che non si era trasformata in un vero e proprio ciclo.
Per un giorno intero è andata e tornata dal bagno domandandosi perché non gli venissero come si deve. Non capivo perché la facesse tanto grave; io di me ho pensato semplicemente che mi stessero arrivando un po’ esitanti e con qualche giorno di anticipo, perché no, capita. Con questo caldo poi. E invece lei seria e direttamente mi ha chiesto: “potresti essere incinta?”.
Come svegliatami da un’amnesia durata dieci giorni, stupita della mia risposta e come se i ricordi appartenessero a un altro, ho risposto “sì”. In che parte della mia memoria si era rifugiato il ricordo di quella notte durante questi ultimi dieci giorni? Era ovvio che era successo un mezzo pasticcio. Perché non me ne ero preoccupata e come potevo non averci pensato prima? Non mi sono nemmeno posta il problema di andare a controllare nel calendario a che giorno fossi. Sì, certo. Solo ora mi accorgo che era il quindicesimo.
Ovviamente, non avendo minimamente realizzato il rischio, la possibilità di una pillola del giorno dopo nemmeno mi aveva sfiorato. La stanchezza, la fatica di comunicare, il pensiero di cercare un medico, chiedergli la prescrizione, spiegargli, sentire la riprovazione, il giudizio, io la bionda che viene in Egitto e…
Ma tutto ciò per ma non vuole dire niente. Non c’è difficoltà che non abbia affrontato da sola, verità che non mi sia svelata, diritto per cui non mi sia battuta, a testa alta. Come è potuto succedere; io che sono sempre onesta con me stessa, che mi metto davanti allo specchio scevrando le parti di me più scomode, costantemente desta, lucida e impietosa, con me stessa in primis… Che cosa mi sono voluta nascondere?
Ero imbambolata e immobile davanti a Rania, con la paura di stare svelando a una mia collega un segreto. “Si chiama innestation spotting – continua lei – e può avvenire dieci giorni dopo la fecondazione. Può dare luogo a un leggero sanguinamento. Io l’ho avuto in una delle mie gravidanze”.
In camicia da notte, sola nel mio appartamento del Cairo, tra le voci, le urla, i clacson e la festa delle notti del Ramadam invadevano la stanza, vedo il pallino del test colorarsi lentamente di rosso, ed è stata l’emozione più grande della mia vita. Sapere che c’era qualcosa dentro di me che viveva ed era profondamente mio. La semplice verità era che io volevo rimanere incinta, ora e da lui.
Stavo parlando in Skype con Anna e glie l’ho detto. Poi ho interrotto la comunicazione per chiamare Sara, perché dovevo trovare un ginecologo. Poi ho mandato un messaggio alla mamma.
Lunedì 29 settembre 2008
La prima cosa che mi ha chiesto Rania quando sono entrata in ufficio è stato: “allora?”
Taccio. Non volevo rischiare che si spargesse la voce. Ma la mia faccia parlava da sola. Immobile, seria. “Congratulazioni!” esclama lei.
Ho pensato a tutte le donne che se le possono vivere col sorriso quelle congratulazioni, perché hanno magari una vita normale, un lavoro stabile, una casa, la città in cui hanno scelto di vivere, una famiglia su cui contare e un uomo di cui si possano fidare; o se non tutte, per lo meno qualcuna di queste cose. Ho pensato che è stato bello comunque averle sentite queste congratulazioni e avere fatto finta che potessero davvero essere per me.
Martedì 30 settembre 2008
E’ bello pensare di essere in due, che ogni gesto quotidiano come bere un semplice succo di frutta è condiviso e vada a nutrire un altro esserino. Fa venire voglia di prendersi cura ancora di più di sé e di volersi bene. Lui è lì in qualche parte di te, esiste già, ha il suo viso e continua a crescere mentre tu ti muovi, mangi, cammini, lavori, dormi. E pensi a come sarebbe potuto essere.