Giovedi 26 giugno 2008
Sono all'aeroporto di Fiumicino in attesa del mio volo di ritorno per il nord.
Chiudo gli occhi e vedo le strade trafficate del Cairo, il frastuono, i raccordi incrociati e sovrapposti poco prima di arrivare a piazza Al Taharir, i bus stracolmi che si sorpassano da destra, inclinati dal troppo peso, le signore pesanti e coperte che si trascinano con un bambino in braccio e uno per mano.
Penso a quanto qui in Italia, in Europa, sia tutto perfetto e senza la minima sbavatura. Provo la stessa sensazione di straniamento di quando dopo cinque mesi in Sud-America sono tornata d'improvviso e un po' controvoglia in Italia per un colloquio, e mentre giravo in taxi per le strade di Roma rifuggivo l'opulenza e la noncuranza che assieme tanto caratterizzano il nostro modo di vivere, assieme al gusto per il bello.
È un senso profondo di armonia (che va al di là del caos romano o della cartaccia per terra), ma anche di inconsapevolezza per la bellezza e lo spessore che ci pervadono. Mi mancava la vita che scorre nelle difficoltà per la sopravvivenza.
E' pieno pomeriggio e l'aeroporto è pieno di business men al telefono, con vestito impeccabile e scarpe belle.
Le ragazze sono tremendamente noiose ed uguali, tutte con questi capelli piastrati e striati di meches o extensions, le unghie perfette, i jeans tanto attillati da scoppiare, i tacchi vertiginosi, gli occhiali all’ultima moda, e quel modo incosciente e volgare di masticare il chewingum. E come sono svestite... ma davvero è normale tutta questa nudità? Mi fanno abbastanza impressione tutte queste braccia e gambe così tanto scoperte...mi viene da gettar loro addosso uno scialle!
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