7. I bambini hanno fame

Venerdì 2 maggio 2008

Oggi per la strada verso l’ufficio, una bambina si stacca da un gruppetto di quattro o cinque bambine e mi viene incontro porgendomi la mano per stringermela. Con due occhi aperti, sorridenti, incantati, felici mi salutava - “Hello! hello!” – tutta contenta che mi aveva stretto la mano. Io poi forse quel giorno ero particolarmente “esotica” con gli occhiali da sole e i capelli, biondi, per una volta sciolti.

Sabato 3 maggio 2008

Bimba che si avvicina alla 
macchina ci chiede i wafer
Stavo camminando per una stradina con Anna. Una bambina ci è venuta vicino continuando a dire qualcosa che non capivo. Ho pensato volesse soldi e cercando di non intenerirmi ho rifuggito l’istinto di darle qualcosa, sapendo quanto fosse inutile.

Stavo bevendo un succo di frutta in bottiglietta e d’improvviso mi rendo conto come fosse quello il centro della sua attenzione: la bimba mima il gesto di bere. Appena me ne sono resa conto le ho dato la mia bottiglietta, già mezza vuota, e lei si è allontana bevendola.

Mi sono accorta poi che avevamo con noi un’altra bottiglietta intera e che… ma lei era già lontana. 


Un paio di giorni fa a Sakkara mentre ero ferma in macchina, una bambina si avvicina perché mi vede mangiare i wafer. La fine dei wafer è mostrata nella foto qui sopra.

Lunedì 19 maggio 2008

Questi sono tempi difficili in Egitto, le cose vanno proprio male. La food crisis è al suo culmine, i prezzi sono schizzati alle stelle e le persone non riescono più a mangiare. Gli Egiziani sempre più poveri…a volte non ce la faccio. 

Sulla metro ci vanno notoriamente le persone di classe medio-bassa. Nonostante ciò, si aiutano tra loro. Quando passa un venditore di fazzoletti, gli porgono sempre un pound, senza nemmeno sempre prendere i fazzoletti. E qui i mendicanti sono veri invalidi o poveri. In particolare in questi giorni vedo sempre un uomo cieco.

La reazione è stata invece diversa quando una volta è salita una bambinetta sui 6 anni, completamente velata, vestita col tradizionale abito lungo, blu. Anche lei vendeva i fazzoletti, ma nessuno glie li ha comprati. Mi domando se per un qualche motivo etico riguardante il lavoro infantile.

Sabato 30 maggio 2008

Ho dato il succo di frutta al mio bimbo per strada, quello che lavora sotto casa mia. Non credeva ai suoi occhi,e non capiva come e se doveva accettarlo. E poi da lontano mi sono fermata a guardare come ha smesso di lavorare e si è andato a sedere in un angolo all’ombra per berselo. Piccolo…Il giorno dopo mi è rivenuto vicino, si ricordava di me. Solo che io non avevo nulla ed ero al telefono in mezzo al traffico, per cui non ho potuto badargli…

Domenica 31 maggio 2008


Strada Shagarett Al Dorr, sotto casa mia, h.8.00. Un bambino raccoglie da terra, vicino ad alcune piante e arbusti piantati per strada, un vaso di terracotta poggiato lì accanto. E ci beve dentro.

Sabato 14 giugno 2008



Questa mattina per la strada per andare da Liliana, vicino a strada 26 di luglio, vedo tutti i bimbi a vendere i fusticelli di erbe.

Cerco tra gli altri il bimbo che conosco, ed è lì. Sono in tutto tre bimbi piccoli piccoli, di non più di sei anni. L’altro giorno due si prendevano a botte, come due adulti. Poi ce n’è uno più grande, pure un po’ ciccio, che ne può avere al massimo otto e che già vende con l’insistenza di un adulto. Mentre i tre piccolini sono ancora timidi. E infine una ragazzina, forse sui dieci anni, velata.

Uno dei piccoli si avvicina, quello moro. Io non so fare altro che accarezzargli la testa. Gli altri due vedendo il loro amico che attirava le attenzioni, si sono precipitati, tutti gridando “madame, madame!”, ognuno che voleva vincere sugli altri. Poi arriva il bimbo grande, di gran lunga più arrogante. La ragazzina si avvicina per ultima timidamente, e perché il gruppetto ormai si era formato. Erano tutti intorno a me che sgomitavano, e si urlavano l’un l’altro di essere arrivati prima.

Io sapevo di avere molti spicci, per tutti. Mi ero ripromessa di non dargli soldi. Ma questa volta non ce l’ho fatta e ho messo mano al portafoglio. Loro continuavano a lottare. Ho fatto il gesto con la mano perché aspettassero. Si fermavano mezzo secondo e ricominciavano, il bimbo moro in prima fila, perché era stato il primo ad avvicinarmi. Il mio bimbo restava più in disparte. Una, due volte ancora ho dovuto fermarmi e fare con la mano il gesto che fanno loro per dire “aspetta” – equivalente al nostro “ma che vuoi?!”.

Ho tirato fuori cinque pound contati, e per un attimo ho pensato che non sarei riuscita a distribuirli, tanto si affannavano e dimenavano; fino a che non hanno capito che ce n’era per tutti e si sono calmati. Fremevano ma hanno aspettato il loro turno. Il bimbo moro moderava, e sottolineava ogni consegna con un “Ok”. Infine è stato lui quello che è restato per darmi il mio mazzetto di menta. - Malish, malish (va bene così) - Thank you!

Ora mi sono fregata, e non mi lasceranno più vivere. Sono arrivata a casa di Liliana col cuore sciolto e anche sentendomi una stupida per avergli dato soldi. 

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