5. Gabbie dorate

Domenica 18 maggio 2008

Con Ayoub e Souraya oggi siamo andati allo Smart Village ad incontrare gli sponsor del Walk the World, un evento annuale di fund raising contro la fame nel mondo.

L'edificio del Consolato italiano






Siamo passati per la zona di Giza. Per risolvere il traffico non trovano nulla di meglio che costruire raccordi su raccordi, sopraelevate interminabili che tagliano la città in qualunque zona, per kilometri. Un raccordo in costruzione rompeva in due per vari kilometri la strada, oscurando, tappando e schiacciando il secondo piano di palazzi storici lungo un bel viale di fine ottocento. Una cicatrice.

È come se la città fosse a due piani. E magari se ci si affaccia al balcone al quarto piano di qualche bel palazzo francese del secolo scorso si può saltare comodamente sul raccordo, mentre gli altri piani sprofondano nell'ombra e nello smog. È quello che accade anche all'edificio del consolato italiano. 



Set da thè

















Sotto questi ponti grigi, che pretendono essere progresso, ma che per me potrebbero essere anche chiamati "degrado" per antonomasia, i pastori fanno pascolare le capre tra cumuli di spazzatura e rottami, si fanno mercati di polli, e le donne improvvisano tavolini per il thè. Come se resistessero coi gesti della loro quotidianità alla violenza della bruttezza che avanza ed erode come un cancro il loro habitat. 

E noi cha andiamo ad “advocare” per la fine della fame nel mondo allo Smart Village. Un luogo lontano dalla città, inaccessibile al normale cittadino, ispirato al Massachusetts Institute of Technology (MIT), e che raccoglie assieme in un campus le più importanti aziende in campo tecnologico e il ministero della comunicazione e nuove tecnologie.

Insomma, cammineremo contro la fame nel mondo in un luogo che è uno schiaffo alla miseria. Cercheremo di creare consapevolezza su questo problema chiudendoci in questa torre d’avorio. Ci si aspetta la presenza di uomini di affari, personalità del mondo diplomatico e politico, e personaggi famosi. Che si stringeranno la mano parlando della propria ultima auto acquistata? 

La realtà e il lusso sono separati da una porta; tra la normalità della fame e la bellezza esiste una discontinuità che prende la forma di portali d'ingresso e mura, che aprono l’accesso a dimensioni da sogno per incuranti turisti e ricchi.

I palazzi belli e integrati col paesaggio, l’architettura rispettosa, etica ed estetica, non sono costruiti per i normali cittadini, ma sono relegati a contesti artificiali: complessi residenziali, resort, alberghi di lusso, campus futuristici.


Anche il mare non è un luogo per tutti. Bisogna accedervi dai resort, perché non esistono le spiagge libere.

Nella strada che porta al canale di Suez, in mezzo al deserto, c’è una porta, una porta da sola, un grande arco con a fianco altri due archi più piccoli e tutto intorno, davanti e dietro, il deserto, il nulla. Cosa sorgerà dall’altra parte?

Fuori da queste gabbie dorate continuano ad ammucchiarsi gli scarti della loro stessa costruzione. La strada che porta a Stella di Mare (il resort a Ein Sokhna dove andiamo al mare) è un deserto sporcato da macerie e sacchetti di plastica dove si moltiplicano solo le industrie.

La popolazione continua a crescere, continuano a  costruire palazzi a scatoletta uno sopra all'altro, che rimangono rigorosamente senza intonaco, mattoni rossi e cemento armato in vista, il tutto a pochi chilometri dal resort fighissimo con campi irrigati e architetture all'avanguardia. La quantità di acqua necessaria per mantenere fontane e giochi d'acqua è semplicemente irrazionale. 


Invece di valorizzare turisticamente la loro storia e naturalezza, la annullano creando dei non-luoghi artificiali e anonimi al loro interno, progettati per un turismo di relax e di spreco scriteriato. 


Ovvio, io ne usufruisco, e come sempre severa mi chiedo se questo sia coerente. E sì, mi rispondo. Perché io vivo qui e ho bisogno di proteggermi. Non possiedo una bella auto in cui chiudermi e accendere l’aria condizionata. L'aria condizionata è il comune denominatore di tanti discorsi, e vedo essere l’unico modo di vivere bene al Cairo. Un modo basato sul chiudere all’esterno la merda che c’è, confinandosi in un mondo finto.
Basta, l’esotismo non esiste più nei paesi meno sviluppati. Esiste solo la nostra spazzatura amplificata alla massima potenza, perché non esiste nessuna misura di contenimento e controllo dei danni. 

Allo stesso modo, il povero qui non ha diritto alla bellezza - mentre io aggiungo un altro tassello all’identità dell’Europa.   

Martedì 20 maggio 2008

Caro L.,

Qua la vita è da morire. Nel senso che la senti scorrere nelle vene, ma a volte è semplicemente troppa e ti viene voglia di urlare. Anna ti avrà detto dell'intensità, che poi si trasforma in stress e poi ridiventa intensità.

Qui la lotta per fare sopravvivere le più basilari dimensioni estetiche fa sì che non mi riesca di mantenere una dimensione culturale.

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