3. I primi sguardi (intorno a/su di me)

Martedì 19 febbraio 2008

Come osservano, tutti, donne e uomini.

Io non mi castigo, ma pare che qualsiasi centimetro visibile della mia pella sia degno di essere guardato con stupore. Molte saranno paranoie, però di fatto mi portano a controllare ogni minimo mio gesto. Oggi per esempio mentre aspettavo la metro volevo tirarmi su il gambaletto che scendeva, e così facendo ho tirato su anche il jeans scoprendo mezzo polpaccio. Mi sono chiesta se le arabe lo avrebbero mai fatto, se fosse considerato inadeguato, o se semplicemente il solo fatto che a farlo sia un’europea bionda dalla pella così bianca rende quei centimetri di pelle più curiosi.

Le donne nella metro mi guardano tanto. Sicuramente si chiedono perché una “ricca europea” debba, o voglia, mischiarsi a loro. Non solo gli europei che vanno in metro sono pochissimi, quasi inesistenti; ma pare che a prendere la metro siano le persone delle categorie più svantaggiate e conservatrici, per cui la mia distanza da loro è ancora più forte. Ci sono molte donne coperte integralmente con niquab e guanti. Oggi una mi era seduta davanti. Già mi fissava prima che il posto di fronte a lei si liberasse e io andassi a sedermici. Poi non mi ha letteralmente staccato gli occhi di dosso, guardandomi sia il viso sia le mani. Gli uomini guardano un sacco e dicono non so cosa...meglio non saperlo.

Ieri dopo il lavoro ho fatto un giro a Zamalek, il quartiere dove abito, un'isola sul Nilo. E’ pieno di negozietti e sempre pieno di gente. Ovviamente questo casco biondo che mi trovo in testa è qualcosa di davvero fastidioso. Sono tentata di tingermi in capelli di scuro, ma sarebbe un casino poi mantenerli.

Il velo noi lo associamo alla frustrazione o alla negazione della libertà, o della femminilità, ma per me non è affatto così. Sì, di base nasce per quello, ovvero, è il simbolo della limitazione dell’identità sociale della donna, della restrizione della sua libertà di movimento al di fuori delle mura domestiche (come scrive Fatima Mernissi). Ma è anche noto come le società si appropriano di certi costumi facendoli evolvere e generando dinamiche nuove.

Io queste ragazze le vedo presissime dalla loro femminilità, e sensuali e intriganti lo sono davvero. Si sistemano i veli in tanti modi diversi, come se fossero vere e proprie pettinature. Ed esistono una tale varietà di modelli tali da disegnare e creare tutta una gamma di segni e posizionamenti all’interno del loro codice di gusto. E’ bello vedere le diverse combinazioni e i diversi dosaggi tra elementi arabi e occidentali. Si va dalla ragazzina vestita da rapper ma col velo, alla donna in tailleur sempre col velo, a quella compleatamente occidentale, a quella col niquab, a quella vestita in tunica lunga ma con veli tutto pizzi e provocanti. Mi piacerebbe comprarmi un niquab. Può sembrare stupido detto dalla mia posizione, lo so, detto da me, ma mi piace...

Oggi un mio collega mi ha fatto un briefing sui beduini. Mi ha detto come da loro il velo integrale nelle donne non sia da collegarsi tanto, o per lo meno non solo, alla religione quanto soprattutto alle asperità del territorio. Anche gli uomini infatti si coprono testa e volto (soprattutto bocca), e persino in città ne vedo tanti.

Questo pare un tipico caso in cui in quella che pare una manifestazione culturale del tutto “arbitraria” (perché coprire la testa e non i piedi come in Cina??), si riescono a determinarne le radici “relative” a una precisa componente contingente e fattuale. Ovviamente la cultura si deposita e si manifesta per strati, e in questo caso la componente religiosa potrebbe avere formalizzato e arricchito di significato rituale un fenomeno che esisteva già come manifestazione di un’esigenza pratica, in particolare quella di ripararsi dalla sabbia e dal sole.

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