3. Precarietà anestetica

7 dicembre 2008

Non riesco a cercare altro che Internet. 
Ogni rapporto umano ora mi stanca.
Torno a casa stanca e nervosa per l’egoismo di certe persone con chi lavoro, la loro ottusità e cecità.
Chiudo la porta e accendo il computer, canto, ascolto, cerco musica e ritmi latini, rispondo in facebook, chatto (poco), leggo (poco), scrivo (medio). Vorrei solo dormire.

Mi pare di essere in una dimensione parallela in cui nessun oggetto intorno a me abbia più alcun senso. Fra poco meno di due mesi il mio contratto qui si concluderà e io sarò di nuovo in ricerca di lavoro. Dicono che in Europa la situazione sia tragica, per questa crisi.

In casa sono pulita ma sciatta. Tutto è funzionale, ma non sento l’anima in niente.
Non mi sono “appropriata” di niente, così non sentirò la mancanza di niente.

Non mi piaccio così, non sono stata mai così bisognosa di attaccarmi alle piccole cose attorno a me; ma non voglio farlo, ed è per questo che in questa precarietà non riesco a gioire di niente.

Non ho mai sentito un vuoto così. Non è depressione, perché forse ora ne sono immune. Non sono più così insicura di me stessa. È che questa volta non viene dall’interno, ma dall’esterno.

Forse ho avuto una grande delusione di valori. Forse non so più a cosa dedicare la mia vita. Non riesco a trovare gioia in nulla e in nessuno, soprattutto perché sono stanca di dire addio.

Il problema non è trovare le belle persone, quelle si trovano ovunque. È che qui io non le voglio conoscere, non voglio più andare a fondo, non voglio passarci il tempo, non ne ho le energieNessun tipo di occasione sociale fa per me, ora. Nulla mi piace di più che stare in casa. Il mio carattere restio è piuttosto un rifiuto di vivere quello che è temporaneo. Se non voglio fare scampagnate ed esplorazioni con persone che conosco qui, è perché non riesco a essere felice con qualcuno che perderò.

Non vedo molte speranze, non sono molto ottimista. Ho conosciuto centinaia e centinaia di persone e ho trovato gli amici che volevo, ma non ho trovato una persona con cui veramente condividere. Ma forse tutto questo “andare all’estero” è solo uno scappare, è il mio modo di impormi una mancanza d’amore, obbligatoria, invece di scontrarmi con quella della vicinanza, della co-presenza, del possibile rifiuto.

Tra l’altro non riesco a sentirmi più bella. Il mio ventre ha cambiato forma - spero tornerà come prima fra qualche mese. Il mio viso è stanco, la mia pelle opaca e i miei occhi privi di luce. Non ho mai avuto così poca voglia di vivere. O sì, forse ne ho avuto anche meno, ma allora era depressione, disperazione personale, una passione logorante; ora è la mancanza totale di vita e di dolore. Piango spesso, mi sento sempre alla soglia delle lacrime, ma non sento dolore.

Tuttavia non sono cinicaMi commuovo in continuazione in questo paese, per la semplicità dei sorrisi, per la quantità di bambini, che sono energia, e che mi rimandano sempre a quello a cui ho rinunciato. Questa esperienza, l'essere posta di fronte a questa scelta, mi ha segnato, perché mi ha fatto capire cosa vuol dire, a 29 anni, non potere contare su nessun sostegno...E come me una generazione intera.

Nessun commento:

Posta un commento